La mia prima caduta su una moto avvenne a metà anni ottanta. Avevo otto o nove anni. Non stavo guidando. E non era la mia moto. Andavo in vacanza nella città natale di mio padre e sotto casa era parcheggiata una enduro primissimi anni ottanta-fine settanta che a vederlo adesso farebbe sconquassare dalle risate, ma allora mi sembrava una supermoto.
Dopo averla guardata con cupidigia per giorni, un pomeriggio decisi di farla grossa: ci salii su ("salire" non l'ho usato casualmente, io ero piccolo e ci dovevo proprio salire su) e finsi di guidarla imitando il rumore del motore. Con i piedi non arrivavo neanche lontanamente alle pedane. Solo che tra una finta sgasata e l'altra, non so come (immagino che il cavalletto non abbia tenuto), ma la moto venne giù con mio immenso spavento.
E il terrore fu ancora più immenso quando si trattò di trovare un modo per risolvere la bravata. Provai a sollevarla due o tre volte ma niente da fare: troppo pesante. Ma stavo rischiando grosso: e se mi avesse visto il proprietario? Peggio ancora, se mi avesse visto mio padre?

Con la forza del terrore ci misi tutta la forza possibile quasi soffocandomi per lo sforzo e riuscii a tirarla su ea addirittura a mettere il cavalletto! Guardai la moto soddisfatto e sudato ma con ancora un po' di paura, quella di trovare possibili graffi, non tanto per una questione di coscienza ma per la volontà di filare via senza che nessuno sospettasse mai che fosse caduta. Così fu: niente graffi, nessun sospetto.
Imparai presto, a discapito della moto del mio vicino, come fosse una caduta da fermo.
Morale della favola? I bambini andebbero tenuti in catene.
