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Archeomotociclismo III - Il casco protettivo negli anni '50
Scritto da 42 - Pubblicato 21/11/2011 08:53
Un articolo di sessant'anni fa per la sensibilizzazione all'utilizzo del casco

Dopo aver parlato di “novità” (del 1954) e di mototurismo nella metà degli anni '50, passiamo ad un argomento tutt'ora attualissimo: la sicurezza passiva data dal casco protettivo.
L'articolo, sempre preso da “Scienza e Vita”, risale al 1956 e fu pubblicato nel numero di ottobre.
Ancora una volta la firma è quella di Piero Casucci, che prende spunto da una statistica americana sugli incidenti motociclistici e da una proposta di legge sull'obbligarietà del casco avanzata al Consiglio della Repubblica Francese per sensibilizzare anche l'italico “popolo delle due ruote” sull'opportunità di utilizzare questo importante dispositivo di protezione.

Il casco, all'epoca, non era certo un oggetto ignoto (nelle competizioni, in Italia, il casco era stato reso obbligatorio nel 1922!) e negli anni '50 era già in piena evoluzione tecnica, pur nella “limitatezza” dei materiali a disposizione.
Quasi ignorato (e non ignoto) ne era invece l'utilizzo.

Colpiscono un paio di frasi, che troverete nell'articolo (se avrete la pazienza di leggerlo) riferite alla situazione italiana in merito all'uso del casco, che suonano decisamente attuali:

...poiché nel nostro Paese l'utente della strada, quale esso sia, non sa prescindere da certe esteriorità e da certi atteggiamenti, il motociclista è portato ad ignorare un accessorio la cui utilità è evidente

In effetti, ci diceva un rivenditore, lo scooterista non ricorrerà mai al casco nelle sue corse in città anche e soprattutto perché si sentirebbe ridicolo con un aggeggio che, agli occhi di molta gente, lo farebbe ritenere un esibizionista.

Infine, va fatto notare come, già dal 1953, il “Comitato di Normalizzazione per la Sicurezza Umana” (ente inglese) stesse tentando di definire degli standard si sicurezza minimi per i caschi.

Un'ultima cosa... la quarta di copertina di quel numero, riportata in calce all'articolo, era decisamente “in tema”

Ed ora, buona lettura

Lorenzo



Copertina - Scienza e Vita, ottobre 1956

POCHI GRAMMI DI ACCIAIO PER SALVARE UNA VITA

Alle statistiche degli infortuni stradali i motociclisti danno il maggiore contributo di ferite al cranio: questo triste primato scomparirà quando tutti i motorizzati a due ruote, superando viete preoccupazioni estetiche, useranno sempre il casco.



Una spettacolare caduta del corridore Léger-Kleindienst; grazie al casco, la testa non ha risentito della violenza dell'urto

“Sotto pena di una multa da 6.500 a 40.000 lire chiunque prenda posto su una bicicletta a motore, una moto od uno scooter dovrà essere munito di un casco protettivo le cui caratteristiche verranno stabilite da un decreto del Ministero dei Trasporti“.

I nostri sportivi non si allarmino... almeno per ora! La proposta di legge riportata qui sopra non è stata avanzata da enti italiani: si tratta invece di un progetto presentato alcuni mesi or sono al Consiglio della Repubblica Francese allo scopo di limitare quanto possibile la pericolosità dei motocicli.

In realtà, la velocità che questi veicoli sono in grado di raggiungere, la loro tenuta di strada non sempre perfetta, la totale assenza di protezione degli occupanti espongono questi ultimi ad urti violenti contro i quali non sembra facile trovare una protezione efficace. Ma per quanto la cosa possa sembrare strana, non è stato ancora fatto uno studio esauriente circa i rischi cui vanno incontro i motociclisti.

Recentemente, tuttavia, due medici britannici, il dott. Walpole Lewin e il capitano W.F.C. Kennedy, hanno compiuto in stretta collaborazione col Laboratorio per le Ricerche sulle Strade una inchiesta sugli incidenti motociclistici. Queste indagini riguardano in particolare le ferite al cranio curate presso la Radcliffe Infirmary di Oxford, ove il dott. Lewin esplica la sua attività di chirurgo. Tale inchiesta ha fornito risultati indubbiamente interessanti anche se non costituiscono materia per una vera e propria statistica; infatti, essi tengono conto soltanto dei feriti ammessi all'ospedale e non dell'insieme degli incidenti, sicché i casi di morte e di ferite leggere non sono stati presi in considerazione.

Fatte queste riserve, ecco a grandi linee i risultati dell'inchiesta. I motociclisti occupano un posto molto importante tra i feriti al cranio: nel 1949, su 1000 persone che accusavano traumi al cranio, 260 erano motociclisti. Nel 1954 il numero è salito a 570.


Le ferite alla testa sono le più frequenti

Dal 1949 al 1954, 2478 feriti sono stati ricoverati presso la Radcliffe Infirmary: il 6,5% (164 persone) non è sopravvissuto. Tra i feriti, 555 erano motociclisti, di cui 48 (8,5%) hanno perduto la vita. Le ferite al cranio sembrano dunque più frequentemente mortali negli incidenti motociclistici che in ogni altra circostanza, benché il numero dei casi studiati sia troppo esiguo per avere un valore statistico accettabile. Infine, e questa è forse la cifra più interessante, gli autori dell'inchiesta hanno concluso che le ferite al cranio rappresentano nove casi su dieci degli incidenti mortali in cui vengono coinvolti motociclisti.

Uno studio delle lesioni craniche riportate da 181 motociclisti non protetti dal casco, ha permesso di determinare in 48 casi una lesione frontale, e in 48 altri casi una lesione facciate; in 40 casi una lesione parietale, e in 9 casi una lesione all'occipite e alla sommità del cranio; in 12 casi lesioni multiple, e in 24 casi lesioni non specificate e non gravi. Più della metà delle lesioni sono anteriori, frontali o facciali; per contro, l'occipite e la sommità del cranio sono raramente colpiti. Il particolare studio di qualche incidente permette di stabilire l'efficacia della protezione del casco. Prendiamo il caso di un motociclista che è andato a cozzare, di notte, contro una vettura ferma. La violenza della collisione gli ha provocato fratture multiple, particolarmente al femore destro e all'omero sinistro. Benché il casco presenti notevoli tracce di urto, la vittima non ha perduto la conoscenza e il cranio è rimasto intatto. Altro caso: un adolescente è caduto malamente da una moto e si è fratturato una tibia e un femore. Il casco, in cui è stato riscontrato un solco lungo 7,5 cm, gli ha evitato la frattura del cranio.

Esempi del genere potrebbero essere moltiplicati all'infinito. D'altra parte, l'uso del casco, pur non evitando sempre la frattura, diminuisce la frequenza delle fratture gravi o degli sfondamenti della scatola cranica con la conseguenza di gravi lesioni cerebrali. Su 7 gravi lesioni ossee riportate da persone facenti uso del casco, si sono avute 6 fratture ed uno sfondamento (14%); mentre su 35 lesioni in soggetti sprovvisti di casco si sono lamentati 27 fratture e 8 sfondamenti (23%).

Lo studio di 5 casi mortali in soggetti muniti di casco e colpiti da traumi cranici è ricco di insegnamenti. Due sono morti in seguito a lesioni al torace e all'addome; uno è morto per sfondamento del cranio, ma in questo caso la protezione è stata assolutamente priva di efficacia poiché il casco, di materia plastica, era troppo leggero ed è scoppiato. Gli altri due sono morti per trauma alla testa. Eseguita l'autopsia, il cranio è risultato intatto, senza la minima infrazione, e il cervello aveva esternamente un aspetto normale; soltanto lo studio anatomico dei tessuti cerebrali ha permesso cli scoprire alcune lesioni emorragiche importanti. Tutto lascia supporre che, in questi due casi, il casco abbia impedito il verificarsi di lesioni dirette, ma che l'insufficiente smorzamento dell'urto abbia causato questo tipo di lesione profonda.

Lo studio dovuto ai due medici britannici - abbastanza completo tenuto conto della mancanza di statistiche d'assieme - permette, in tutti i casi, di definire le caratteristiche del casco di protezione ideale per il motociclista. Un casco rigido dei tipo di quello usato in guerra, senza materiale interno ammortizzante, evita senza dubbio la frattura del cranio ma provoca lesioni cerebrali o la frattura della colonna vertebrale: infatti, è indispensabile che l'energia cinetica conseguente ad un urto venga bene assorbita.


Quale casco scegliere

La protezione del cranio in superficie viene dunque assicurata da un casco sufficientemente avviluppante e capace di riparare la fronte e le tempie, vale a dire le zone particolarmente esposte. Questo casco deve essere resistente, indeformabile e per queste ragioni non può essere costituito da materiale plastico che risulta troppo poco robusto. Deve essere liscio per evitare eccessivo attrito o intoppo durante la slittata sul suolo, giacché questa non deve essere frenata bruscamente. Affinché risulti comodo, il casco deve inoltre essere leggero e isolante dal caldo e dal freddo. La protezione del viso può essere assicurata da una visiera, flessibile e fissata solidamente.



Il campione Umberto Ranieri indossa abitualmente un robusto casco che pesa 1 kg.



Il corridore Libero Liberati che su Gilera scio ha recentemente portato il primato del giro sulla pista di Monza a 184,8 km orari.


Quanto allo smorzamento dell'urto, esso viene realizzato mediante un efficace rivestimento interno. Tale rivestimento protegge la fronte ed i lati del cranio ma non la sua parte superiore. L'esame dei caschi accidentati dimostra che gli urti si verificano sempre nel terzo inferiore della calotta di protezione. Uno strato di sughero o di gommapiuma di spessore sufficiente (oltre 1 cm) assicura uno smorzamento soddisfacente.

In effetti il casco ideale non può essere che un compromesso tra qualità in antitesi. Un casco in metallo resisterà perfettamente agli urti ma li trasmetterà integralmente allo strato ammortizzante. Un casco in plastica armata presenta gli stessi inconvenienti; al contrario, un casco in plastica flessibile rischia di deformarsi troppo in caso di urto violento. Un casco di sughero o di legno compresso, nel caso di una slittata, può provocare una frenata troppo brusca e, di conseguenza, serie lesioni alle vertebre.



LA MIGLIORE PROTEZIONE per motociclisti e scooteristi è un buon casco.

L'impiego di una visiera protegge in certo modo dalle ferite alla faccia; ma la visiera può strappare via il casco o, piegandosi su se stessa, provocare ferite al viso. D'altra parte, il suo uso è vietato nelle competizioni motociclistiche. Per quanto riguarda il sottogola, che ha il compito di mantenere il casco a posto in caso di urto, si deve osservare che talvolta la sua rottura può evitare una frattura alle mascelle.



CASCHI LEGGERI: quello delle due fotografie qui sopra è fatto di cuoio e gomma, pesa 550 grammi e costa soltanto 2500 Lire

In Italia non esistono statistiche che indichino quali ferite riportino, in prevalenza, motociclisti coinvolti in incidenti stradali, ma è sufficiente, a questo proposito, rivolgersi ad un medico del pronto soccorso di un qualsiasi grande ospedale per avere la conferma che le ferite alla testa sono quelle più ricorrenti e letali. Infatti, è davvero ben raro che, cadendo, il motociclista non si ferisca alla testa, e con lui anche il passeggero o i passeggeri, giacché da noi è abbastanza diffusa l'abitudine di portare sino a tre persone su uno scooter. Ma poiché nel nostro Paese l'utente della strada, quale esso sia, non sa prescindere da certe esteriorità e da certi atteggiamenti, il motociclista é portato ad ignorare un accessorio la cui utilità è evidente. E tutto ciò per ragioni puramente estetiche. Infatti, l'uso del casco è noto quasi esclusivamente a quei motociclisti che, praticando l'attività sportiva, devono impiegarlo obbligatoriamente.

I pochi caschi che si vendono vengono acquistati dagli sportivi o da coloro, ma non sono molti, che usano il veicolo in lunghe gite durante le vacanze. In effetti, ci diceva un rivenditore, lo scooterista non ricorrerà mai al casco nelle sue corse in città anche e soprattutto perché si sentirebbe ridicolo con un aggeggio che, agli occhi di molta gente, lo farebbe ritenere. un esibizionista. Non la pensano così, giustamente, le autorità militari le quali prescrivono l'impiego del casco quale che sia il servizio cui il motociclista è destinato.

Tuttavia, una certa abitudine al casco, anche da parte del semplice scooterista, si va facendo strada in Italia, tanto che non è infrequente il caso di incontrare guidatori e passeggeri che ne sono muniti. Se ne vendono di almeno tre tipi: il più economico viene offerto ad prezzo di 3.500. lire; un secondo tipo costa intorno alle 4.500 e un terzo Sulle 7.000 lire. La spesa. quindi, è del tutto sopportabile. Anzi dobbiamo dire che i costruttori italiani di caschi praticano prezzi molto più accessibili di quelli praticati dai loro colleghi francesi. In Francia si va da un minimo di 2.850 franchi (oltre 4.500 lire) sino ad un massimo di 9.500 franchi (oltre 16.000 lire) per il tipo aviazione.



CASCHI LEGGERI: il casco rappresentato qui sopra, composto di sughero e gomma, pesa all'incirca 650 grammi e costa 3500 Lire.

L'esempio degli Inglesi

Ma il Paese del casco resta tuttora la Gran Bretagna. Una forte percentuale di motociclisti ne fa uso. Il Personal Safety Standards Committee cioè il Comitato di Normalizzazione per la Sicurezza Umana ha stabilito, sin dal 1953, su richiesta del Ministero dei Trasporti, le norme alle quali deve rispondere il casco per adempiere al compito protettivo per cui è stato creato. Esso deve essere costituito da una calotta solidamente fissata ad una guarnizione interna, che passi sotto il mento del motociclista; gli eventuali proteggi orecchi possono essere separati o far parte di un'unica fascia passante sotto la nuca. La calotta deve avere una superficie esterna liscia e non deve comportare protuberanze rigide; se il casco è provvisto di visiera, questa deve essere di tipo flessibile. Sono inoltre stabilite sia la distanza tra la guarnizione e il fondo interni, sia l'altezza della calotta; infine, il casco deve essere leggero per quel tanto che le condizioni protettive richieste lo consentono. La guarnizione interna, fatta di strisce di cuoio o di altri materiali equivalenti e non elastici, deve essere completata da un robusto sottogola. I proteggi orecchi non devono impedire al motociclista di udire. Tra la guarnizione interna e la calotta deve essere previsto un rivestimento, preferibilmente di gommapiuma. Quanto alla stringa che chiude la guarnizione interna, essa deve poter resistere ad uno sforzo di trazione almeno uguale a 32 kg.

Ma queste norme non si sono rivelate perfette e il Comitato di Normalizzazione sta ritoccandole. Tuttavia, la Federazione Internazionale Motociclistica ha deciso, in occasione del suo ultimo congresso tenuto ad Oslo, di prenderle come base per l'omologazione dei caschi impiegati dai corridori nelle competizioni internazionali. Dal canto suo, l'UTAC francese (Unione Tecnica dell'Automobile e del Ciclo) ha iniziato uno studio per determinare a quali norme deve rispondere il casco per essere efficace.

In Inghilterra e in Francia, insomma, si è alla vigilia di imporre al motociclista l'uso possibilmente permanente del casco; ma si riuscirà veramente ad ottenere, almeno in quei Paesi, che tutti gli utenti di motocicli - anche i passeggeri occasionali - siano forniti di copricapo protettivo personale? Un casco della maggior misura può ovviamente essere calzato su teste grandi e piccole: ma è chiaro che l'efficacia di un copricapo non perfettamente adatto alle dimensioni ed alla forma della testa è assai scarsa: non si deve pertanto credere che un solo casco possa servire a turno per questo o quel turista. In questo caso una modesta economia potrebbe essere pagata assai cara!

Piero Casucci



Quarta di copertina - Scienza e Vita, ottobre 1956


Se siete interessati, trovate le due prime puntate qui:
Archeomotociclismo I - Le moto del 1954
Archeomotociclismo II - Mototurismo nel 1954
 

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Commento di: Ocsecnarf il 21-11-2011 18:26
42, Ancora una volta ottimo!

In effetti occorre constatare che gli inglesi, oltre ad avere "inventato" la maggior parte parte dei giuochi tuttora praticati, hanno anche capito prima di altri l' importanza dello sviluppo della sicurezza per la circolazione stradale.

Dopo c' è voluto il suo tempo, ma il seme era stato messo a dimora.

I prezzi, se prendiamo una media di 5000 lire di allora, oggi sarebbero all' incirca 150.000 lire (in Euro doverbbero essere circa 75,0, ma con il giochetto perpetrato in pratica sono 150 Euro..) che in effetti, se riferite ai salari dell' epoca, sono una bella cifra.

Interessante, e giusta, la osservazione sulla difficile utilizzazzione del casco adatto al più capoccione anche da parte di altri famigliari!
Commento di: Django il 15-12-2011 20:29
Oltre al tradizionale buon senso britannico un altro motivo per cui gli Inglesi sono all'avanguardia nella protezione dei motociclisti - che da loro non sono neppure tanti, ad oggi in tutto il Regno Unito ci sono meno motociclisti che a Roma - è che la ricerca sui caschi da moto moderni è cominciata con la morte del Colonnello T.S. Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence di Arabia.<br/> </br> Lawrence di Arabia sulla Brough Superior </br></br> Nel 1935 Lawrence morì di lesioni craniche dopo un incidente sulla sua Brough Superior SS100 (si era buttato fuori strada per evitare due ragazzi in bicicletta). Il neurochirurgo dr. Hugh Cairns, che non riuscì a salvargli la vita, decise di dedicarsi alla ricerca di un modo per evitare lo spreco di vite umane in incidenti simili (che allora erano molto frequenti, specie in ambito militare tra portaordini e simili), ed è a lui che si debbono i primi tentativi di definire i requisiti che deve avere un casco da motocicletta. PS: grande articolo, come sempre !
Commento di: Ospite il 21-11-2011 19:54
Come al solito, ottimo articolo. Questa frase
In effetti, ci diceva un rivenditore, lo scooterista non ricorrerà mai al casco nelle sue corse in città anche e soprattutto perché si sentirebbe ridicolo con un aggeggio che, agli occhi di molta gente, lo farebbe ritenere. un esibizionista

ha il potere di farmi arrabbiare.
Non è cambiato niente: ancora adesso sento gli stessi discorsi
Commento di: Bradipo61 il 22-11-2011 07:33
a me sembra il contrario... è la padella (ovvero, l'equivalente odierno dell'andare senza casco considerate le normative) a essere un simbolo di esibizionismo. Trasmette il messaggio "io non cadrò mai, quindi niente integrale", esattamente lo stesso messaggio di canotta e infradito. E ammetto, un po' di invidia io la provo perché devo sempre bardarmi come un antico cavaliere per poter stare tranquillo.

ciao!

B.
Commento di: souldamn il 21-11-2011 21:40
è sempre interessantissimo rileggere pagine di storia che suonano attuali...
e pensare che ancora oggi mi chiedono perché vada bardato con tanto di paraschiena su una misera 250cc...

Un applauso a chi per il suo bene gira sui 50ini con l'integrale... meglio sentirsi dare del ridicolo per un casco che girare con la mascella sfracassata!
Commento di: lele71 il 23-11-2011 18:48
Ti batto... il paraschiena lo uso anche su una misera 125... pure misera come 125 (ybr).
E se qualche volta quando fa caldo non metto il giubbotto con le protezioni... uso sempre e soltanto caschi integrali.

Sarò ridicolo... ma meglio riderci sopra che piangere...
Commento di: Maurizio60 il 22-12-2011 22:09
Se fosse scritto oggi questo articolo sarebbe attualissimo... pensare che è stato scritto nel 1956 lascia pensare..