Tecnica
L'impianto elettrico del vespone
Scritto da Doc_express - Pubblicato 07/04/2015 12:09
L'impianto elettrico della vespa PX anni 80

Dopo aver abbandonato il servomotore a vite senza fine per il PHBG 19 e essere tornati al cavo normale il prototipo tutto-led ancora non va... Bene parliamo allora come promesso del PX Piaggio degli anni 80 e del suo impianto elettrico

Parliamo ora dell’impianto elettrico della vespa PX, di quelle, identificabili dal logo PX125 sulla fiancata. La primissima serie, che invece aveva la scritta P125X montava un impianto convenzionale con puntine e impianto molto simile al Primavera. Chiamata affettuosamente “vespone” in quanto era piuttosto ciccia posteriormente.

Con questa versione invece la Piaggio ha fatto le cose in grande. Ha montato una bobina che incorpora all’interno una accensione capacitiva e ha migliorato di molto l’illuminazione dotandola di frecce. La bobina stessa, concettualmente simile al ET3 è estremamente affidabile pure lei.
Inoltre la tensione è finalmente a 12 volt in modo da non fare arricchire chi vende a caro prezzo le lampadine a 6 volt. Di queste vespe ne sono state vendute una camionata e non a torto. Vediamo quindi in dettaglio come è fatto e come funziona questo impianto elettrico, prima applicazione in larghissima scala di un regolatore in alternata su un mezzo a grande diffusione.

Partiamo dal generatore, il più potente dell’epoca (sulle vespe) perché può fornire fino a 80 W. Ha un capo a massa e un avvolgimento solo. Sfrutta in modo intelligente il regolatore (con diodi SCR) perché è sufficiente un filino di gas per avere la piena potenza sulle luci e poter disporre di tutto funzionante. Inoltre è estremamente affidabile e in tanti anni di officina se è stato sostituito uno statore (ma mi sembra di no) non è stato per il generatore ma sempre per la parte dell’accensione. E’ comunque uno statore estremamente affidabile. Fossero stati così efficienti e durevoli certi statori giapponesi!

Il regolatore, inserito dentro la ruota di scorta lavora sul principio del taglio di tutto cosa sia al di sopra della tensione prevista. In pratica l’uscita dell’alternatore finché non arriva al livello massimo ammesso passa senza attenuazione, poi viene “tagliato” tutto quello che c’è in più. Insomma un diodo zener bipolare da un centinaio di watt!

Al regolatore arriva un cavo di “arrivo” un cavo di “partenza” e un cavo di massa. Sempre all’interno del vano della ruota di scorta è presente l’intermittenza delle frecce, in bilanciamento e che pilota due lampade da 21 watt per lato.
Anche l’intermittenza è a commutazione “statica” perché in alternata è molto più comodo usare i triac e gli SCR e l’affidabilità è maggiore rispetto ai relè comuni. Anche questa intermittenza è estremamente affidabile, in officina mai sostituita una! Inoltre non fa differenza se gli si applica una lampadina da 10 W o da 21W su ogni portalampade. Purtroppo non è compatibile con i led senza le resistenze di equalizzazione del carico.

Cominciamo ad analizzare le “stranezze” che però stranezze non sono, anzi in qualche caso sono vere genialità.
Il clacson in serie al regolatore: Se uno smonta un PX noterà che il clacson non ha il collegamento “solito” ma è messo in serie al cavo che esce dal motore e va al regolatore. Poi quando non si suona viene tenuto cortocircuitato dal pulsante e quindi la corrente fluisce normalmente al regolatore.
Anche con tutte le utenze spente il clacson è efficiente perché sfrutta il “lavoro” del regolatore che comunque dà un minimo di carico al volano (di fatto lo fa lavorare) . Quando poi le luci sono accese il clacson si trova a essere in serie e quindi suona se necessario.

Un altro punto “buono” di quelle vespe è che lo stop è estremamente visibile anche con soli 10 watt. La parabola, ben calcolata e il “vetro” (in realtà metacrilato) del fanalino ben studiato rendono lo stop molto efficiente. Ovviamente viene azionato solo dal freno posteriore, negli anni 80 questa smania di sicurezza non c’era.

Come ciliegina sulla torta il fatto che accendendo gli anabbaglianti o gli abbaglianti viene tolta la posizione nel faro anteriore. Per risparmiare potenza e per non produrre eccessivo calore (il faro non è dei più grandi, più o meno come quello della vecchia “500”) e come altra innovazione il fatto che in quel faro, finalmente la posizione non è più a siluro. Su questo faro data la notevole riserva di corrente disponibile è possibile montare tanto la “normale” 25/25 W che la 35/35 (più motociclistica) che la 45/40 normalmente usata per i trattori e le scavatrici.
E l’impianto regge senza problemi.

Ultima “innovazione” il fatto che la spia delle frecce è una sola e con ha uno dei due capi a massa ma prende la corrente da entrambi i fili delle frecce anteriori. Quando si mette una freccia l’altra lampadina è spenta è data la resistenza ohmica bassa fa da ritorno a massa. Cosa ampiamente utilizzata 20 anni più tardi su molte Cagiva e altre moto, comprese alcune Guzzi.

Insomma, questa volta “elettricamente” Piaggio ha fatto le cose in grande ed entra a gran voce negli anni 80! Per il “resto” del mezzo non si può dire che sia malaccio. Il tamburo anteriore è un po’ pigro, la scocca dove si aggancia l’ammortizzatore posteriore un po’ debole e tendente al piegarsi e la chiavetta del cambio e il preselettore non proprio di estrema precisione. Il PX era e resta un icona degli anni 80 e non solo per un impianto elettrico innovativo!

E come ho già detto se devo “vesparmi” con pochi KW per evitare l’abbigliamento obbligatorio se mai lo diventerà sono pronto a farlo. Come già lo facevo nel 1988….

 

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