Tecnica
Supersportive da sballo II: l'impianto elettrico
Scritto da Maurizio60 - Pubblicato 05/06/2007 22:10
L'evoluzione degli impianti elettrici nelle moto e le implicazioni dei grandi assorbimenti sull'efficienza dei generatori di corrente

Dopo il mio precedente Articolo “Supersortive da sballo”, dove ho cercato di dare una motivazione all’aumento sempre più costante del nostro meccanico, con la collaborazione del mio meccanico di fiducia Massimo, tali aumenti in parte sono giustificati per la sempre più complessa tecnologia che equipaggia oggi giorno le nostre moto e scooter.

Ma anche l’impianto elettrico si è evoluto con il passare degli anni, da quello semplice delle moto anni 80, che spesso ci mettevamo le mani personalmente per risolvere qualche inconveniente, oggi questo non è più possibile, a meno che non abbiamo una laurea in Ingegneria Elettronica.

A bordo delle nostre ipersportive ma anche degli scooter, circola sempre più elettricità, che oltre alle candele e ai fari ormai gestisce centraline, iniettori, strumentazione digitale e una lunga serie di accessori. Ormai i veicoli sono altrettanto dipendenti dall’elettronica che dal carburante, lo vediamo con i veicoli elettrici, è già in commercio da poco tempo uno scooter con motore elettrico.

L’elettronica ha avuto uno sviluppo inavvicinabile dalla meccanica per l’aumento delle prestazioni dei dispositivi, la riduzione delle loro dimensioni e dei loro consumi di corrente. Conseguentemente anche le moto si sono riempite di motorini d’avviamento, attuatori dell’impianto di iniezione, manopole riscaldate, cruscotti digitali e navigatori. Per quanto efficienti, sono tutti dispositivi che vanno alimentati, e che richiedono al veicolo di erogare una quota di energia elettrica sempre maggiore. Dico “quota” perché tutta l’energia disponibile a bordo del veicolo viene in ultima analisi prodotta dal motore.

Una moto dispone fondamentalmente di due serbatoi di energia, in forma chimica. Il primo è il carburante, il cui potere calorico è convertito in potenza meccanica all’interno del motore, il secondo, minore, è la batteria, in cui il potenziale elettrochimico viene convertito in elettricità. La batteria serve essenzialmente per avviare il motore, dopodiché, quest’ultimo provvede a fornire tutta la potenza elettrica richiesta e a ricaricare la batteria, convertendo parte della potenza meccanica del motore attraverso il generatore e il regolatore di tensione, che regolarizza i valori elettrici.

La potenza elettrica è generata come meccanica, quindi inevitabilmente sottratta alla potenza motrice: perciò la crescita dell’assorbimento elettrico ha posto seri problemi di efficienza elettrica, che hanno determinato un forte sviluppo dell’impianto elettrico di bordo (generatori di nuova concezione, reti CAN-BUS, ecc..).
La normativa del 2002, che obbliga le moto a tenere le luci accese anche di giorno ha cambiato non poco le cose. Da quel momento gli impianti, tradizionalmente progettati per funzionare di notte, hanno dovuto confrontarsi con carichi continuativi importanti, e i problemi a questo punto sono venuti a galla. L’assorbimento delle luci, sommato a tutti gli altri dispositivi, ha fatto traboccare il vaso, mettendo in crisi qualche sistema elettronico un po’ datato.

Oggi i sistemi elettrici sono progettati non solo esclusivamente per le moto, ma anche in base alla cilindrata che devono andare a servire. Un esempio: la pompa di benzina, un’utenza continuativa inaggirabile, assorbe generalmente una corrente di 3:3,5 A, che a bassi regimi e per basse cilindrate diventa importante.

Si sta pertanto cercando di declinare al meglio questo componente per i veicoli più semplici: l’esempio principe in questo momento, è una pompa per ciclomotore Honda, che assorbe solo 1:1,5 A. Per capire di quanta potenza si parla, dal momento che si tratta di potenza continua, basta moltiplicare la corrente per la tensione, che possiamo assumere di 14 V, mentre nella batteria non ricaricata la tensione tende a scendere. A 3 Ampere corrisponde quindi una potenza di 42 Watt, ovvero 0,057 CV. Poco? Un generatore di una moto accessoriata raggiunge ormai i 1000 W, ovvero oltre 1 CV, tenendo presente dei rendimenti dell’azionamento, significa un assorbimento vicino ai 2 CV, senza contare che si possono essere picchi in cui la richiesta elettrica è anche più alta. E sono spesso richieste che non dipendono dal regime motore, che incidono fortemente sul suo funzionamento a bassi giri, quando la potenza erogata è ridotta e l’irregolarità entra nel motore a scoppio, si sente. Questo perché molti componenti ausiliari hanno assorbimenti modesti, ma che sommati diventano non trascurabili; si va dai pochi Watt di una centralina ai 70 di un impianto di iniezione per un motore di piccola cilindrata.

Qualche problema in meno viene dall’accensione, il cui assorbimento è direttamente proporzionato al regime di rotazione, pertanto è basso quando il motore eroga poca potenza e alto quando questo non crea più problemi. Parallelamente alla crescita di complessità e capacità dell’impianto elettrico si è assistito ad un aumento dimensionale delle batterie, che non è esattamente un buon segno: la batteria ha infatti unicamente funzione di “tampone” temporaneo, e non entra direttamente nel bilancio energetico di bordo. Chi ci entra è invece il generatore: ma l’aumento di prestazioni di questo componente, a parità di tecnologia, comporta una spirale di aumenti: dell’assorbimento, con impatto diretto anche sui consumi e soprattutto sulle emissioni, il vero parametro critico di questi anni per tutto quanto riguarda il motore; e di dimensioni e ingombri, che incidono negativamente sul layout del veicolo, lo smaltimento termico e via dicendo. Per questo motivo sarebbe utile puntare ad un “salto” tecnologico, investendo in direzione di un aumento dell’efficienza del generatore, cosa a cui si sta lavorando.

Si può dividere un circuito elettrico fondamentalmente in due parti: una che produce energia e una che l’utilizza. Le due parti sono collegate dal cablaggio che realizza il circuito vero e proprio. La parte “produttiva” consta della batteria, che immagazzina energia, e dell’alternatore o generatore che la produce, o meglio che la converte da meccanica in elettrica dopo che il motore a scoppio l’ha convertita da chimica in meccanica. La parte “utilizzo” consta di tutti i dispositivi elettrici ed elettronici: dal cruscotto alle manopole riscaldate.
Il circuito è percorso da corrente continua, il cui scorrere è determinato dalla tensione tra le sue varie parti. Su questo principio si basa il sistema alternatore-batteria, che si regola in modo piuttosto semplice: quando la tensione della batteria scende sotto una certa soglia, la corrente prodotta dall’alternatore scorre alla batteria, facendone aumentare la tensione fino a ripristinare l’equilibrio elettrico del sistema.

Un alternatore è composto da un rotore, uno statore, un ponte di diodi più il regolatore di tensione. Esso sfrutta il principio dell’induzione elettromagnetica: facendo ruotare un campo magnetico rispetto ad un circuito, si genera in questo un flusso di corrente. Di solito il circuito è nello statore, realizzato con un nucleo in ferro avvolto da migliaia di spire di rame; il campo magnetico è ottenuto nel rotore attraverso una serie di magneti, di solito permanenti. La generazione di corrente nel circuito non è “gratis” ( la seconda legge della Termodinamica lo proibisce): il processo “consuma” l’energia meccanica necessaria per far ruotare il rotore vincendo la resistenza del campo magnetico.

Poiché la corrente che si genera in questo modo è alternata, occorre il ponte di diodi per “raddrizzarla” da alternata in continua. Il regolatore di tensione controlla la tensione in modo da non sovraccaricare la batteria, purtroppo con ulteriore consumo di energia. Quando si attivano carichi elettrici come la pompa di benzina, l’impianto di iniezione, le candele o i fari, questi assorbono energia elettrica per fornire quello per cui sono progettati: energia meccanica, pressione, una scintilla, la luce. La loro attività produce un abbassamento della tensione nel circuito e lo scorrere della corrente elettrica dalla batteria o, se il motore è acceso, dall’alternatore. L’alternatore a sua volta assorbe energia meccanica dall’albero motore ed ecco spiegato perché quando si accendono i fari in realtà si sottrae (poca) potenza corrispondente al motore; e si aumentano anche i consumi. Per prima cosa l’assorbimento a quadro spento è trascurabile, a differenza di quanto avveniva con le prime centraline elettroniche.

Le sorprese vengono dal consumo più elevato del previsto di utenze tutto sommato secondarie, come le quattro frecce “hazard” su tutti i veicoli. Sul Suzuki Burgman 650 l’utenza più famelica di corrente è il parabrezza regolabile, mentre sulle BMW è parsa critica la servoassistenza ai freni. La pompa che mette in pressione l’impianto assorbe tanta corrente già con una pressione minima sulla leva anteriore. Per arrivare a un consumo davvero elevato quando si premono a fondo entrambe le leve. E’ vero che l’alternatore è potentissimo ed eroga così tanta corrente da ricaricarla in poco tempo, ma è anche vero che si tratta di cicli di carica e scarica leggeri e frequenti, che interessano solo la superficie delle piastre e quindi ne accelerano il degrado per il fenomeno della solfatazione (tratterò prossimamente con un nuovo Articolo questo fenomeno).

Di conseguenza i percorsi urbani, per le moto bavaresi, sono presumibilmente fonte di un certo stress sia per l’impianto frenante che per la batteria. In tutti i casi è evidente l’elevato assorbimento legato all’intervento delle servovalvole dell’ABS, che lavorano per pochi istanti ma con forze elevate (quindi potenze elevate). Si è visto, che nel caso vi siano molte utenze contemporaneamente attive, gli alternatori entrano un po’ in affanno. Forse c’è riluttanza a crescere con le loro dimensioni: meglio sarebbe riprogettarli, in modo da aumentarne l’efficienza; comunque sulla K 1200 GT la BMW non ha badato a spese installando a bordo un alternatore e una batteria che hanno fornito prestazioni elettriche davvero ragguardevoli. Ma è un caso fortunato, in cui né la potenza né i costi sono davvero un problema. Per il resto gli impianti elettrici hanno ormai mostrato un’affidabilità sconosciuta alle moto di neanche 10 anni fa.

A questo punto si è capito bene una cosa, che in meno di 20 anni le moto hanno subito un’evoluzione tecnica da fantascienza, chi nell’80 aveva vent’anni, come me, potrà benissimo immaginare se ci fosse stata una moto tipo la Yamaha R1 2007, se non poteva essere considerata un’astronave? Di questo passo, posso immaginare che tipo di moto avremo tra 10 anni!

Doppio lamps
Cento40
 

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