Attenti ai desideri...

“Va bene, ma prima scambiamoci le moto: ognuno vada con la propria.”
“Certamente Mario...”
Si misero in viaggio e continuando ad attraversare la grande Z.I. sbucarono nella strada pedemontana che li avrebbe condotti a V. Fu un viaggetto sereno, di un'oretta tra campagne solitarie e pochissimo traffico. L'ideale. Arrivati all'altezza di S, ove si ergeva il grande monte con annesso castello ebbero la tentazione di girare la moto verso N e di farsi una bella serie di curve in grazia di Dio ma alla fine il dovere prevalse e tirarono dritti fino a V e alla costruzione che ospitava i VV.UU.
Parcheggiarono davanti, negli appositi stalli e Carlo si cambiò subito: dal bauletto tolse la giacca della divisa e fece a cambio col giubbotto tecnico.
“Bravo Carlo, hai fatto benissimo: sembri un vero carabiniere.”
“Grazie Mario, la cosa mi consola.”
Entrarono nella palazzina e seguendo le indicazioni si diressero al primo piano.
Qui chiesero ad un impiegato di poter parlare col Comandante e vennero fatti accomodare in una saletta d'attesa, triste e spoglia, i muri con scarsi residui di vernice verdognola e alcune decine di riviste probabilmente rubate all'ACI: nel complesso un bell'esempio di squallore italico anni '70.
Non dovettero attendere un gran che, evidentemente la divisa riusciva ad essere ancora un buon lascia passare per gli uffici che contano: lo stesso impiegato di prima li scortò nell'ufficio desiderato.
Il Comandante era un po' come se l'erano aspettato: mezza età, una certa pinguedine che strabordava oltre la cintura, la barba non ineccepibile e, in generale, un certo non so che di unto che ne caratterizzava tutta la persona.
Al loro ingresso, si alzò con affettata cortesia e si precipitò a stringere la mano al carabiniere senza degnare di uno sguardo il borghese Mario.
“Buongiorno; io sono il Comandante P, in che cosa posso esserle utile, Tenente?”
“Tenente Colonnello, prego.” disse Carlo gelido.
“Eh, mi scusi... sa io sono un civile.” rispose P.
“Lo vedo.” chiuse Carlo, tetro.
“Comunque, sono qui per parlarle. Io sono Carlo Righetti, Comandante della Compagnia di Q. Il mio amico, il signor M ha ricevuto una comunicazione da parte vostra, vorrei che la vedesse. Mario, per cortesia, porgi la raccomandata al comandante P”
“Certo Carlo. Comandante P, prego.”
P prese la raccomandata, e studiò i vari fogli in esso contenuta.
“Beh, non c'è che dire, una bella sanzione: se paga entro i 60 giorni sono 779€ di sanzione più i 10 punti in meno sulla patente e la sospensione della stessa per 12 mesi. Non c'è male.”
“Mi dica Comandante, se la ricorda questa pratica?”
“No, a dire il vero no. Sa, ce ne capitano tante...”
“Anche per una velocità accertata di 314 km/h?”
“Aspetti, non l'avevo visto il dato... no, in effetti mi sembra una velocità decisamente fuori misura.”
“Mi dica comandante: ha fatto fare qualche controllo? Aspetti, non mi risponda ché le rispondo io: no. Questo è sicuro visto che non si ricorda della cosa.”
“Cosa vorrebbe sostenere?”
“Sostengo solo che questa contravvenzione non ha ragion d'essere.”
“E perché, di grazia” disse il P, gonfiandosi come un tacchino.
“Non glielo dirò: glielo dimostrerò. Ha un suo uomo che possa accedere alla banca dati centralizzata della motorizzazione?”
“Certo, per chi ci prende, qui a V abbiamo tutto quello che serve.”
“Perfetto, non chiedo di meglio: faccia fare una ricerca su questa targa per individuare la tipologia della moto.”
“Perché dovrei farlo?”
“Perché non l'ha fatto prima e... sa, così si sarebbe risparmiato una gran bella brutta figura.”
“Va bene” disse scuro “facciamola questa ricerca. Mi segua, andiamo dal mio impiegato.”
Imboccarono un breve corridoio ed entrarono in un triste stanzino: niente finestre, una scrivania contro il muro, un ometto secco secco, dal colorito giallastro, quasi itterico, appena qualche ciuffo di peli sulla testa e delle mani da pianista, ossute ma agili.
“S, cercami questa targa, svelto.”
“Subito Comandante.”
“La targa appartiene alla moto marca H, modello C, proprietario Mario M”
“Visto signor comandante dei CC: abbiamo fatto le cose per bene. Tutto corrisponde.”
“Senta signor comandante dei VV. UU. Faccia fare all'ottimo signor S una ricerca sulla scheda tecnica della moto così, giusto per completezza.”
“S, esegui.”
Apparve subito la pagina di ricerca di Google con i vari risultati, S ne scelse uno e lo visualizzò.
“Volete che ve lo stampi?”
“La ringrazio signor S, la prego.”
Senza aspettare conferma dal proprio superiore, S mandò in stampa il documento che venne rattamente prelevato da Carlo.
“Forza P, torniamo nella sua stanza che dobbiamo parlare.”
“Ma come si permette...”
“Mi permetto, mi permetto. Andiamo, su...”
Fu una strana processione quella che si svolse: Carlo apriva le danze, seguito da P e Mario che controllava la retroguardia. Entrando in stanza Mario ebbe la netta sensazione che Carlo avesse avuto la tentazione di dirigersi alla poltrona di P ma che l'avesse represso in ultimo. Invece si accomodò sulla poltroncina, con fare padronale esibendosi pure in un:
“Prego comandante, si sieda che è meglio.”
“Lei adesso mi deve spiegare cosa vuole perché sta iniziando a darmi sui nervi.” disse P tamburellando sulla scrivania.
“La accontento subito P: legga questo foglio. Se non capisce qualcosa mi chieda, glielo spiego io.”
P prese il foglio e lo lesse per un paio di minuti.
“E allora? Cosa vorrebbe dimostrare?”
“P, le si intende di motociclette?”
“No, mai avuta una.”
“Questo non vuol dire niente: lei multa anche le motociclette: non si è mai informato?”
“No e in ogni caso ci sono i miei uomini che si occupano della cosa. Il mio lavoro non è occuparmi di queste sciocchezze.”
“Mirabile visione del proprio lavoro; ma lei lo sa di essere responsabile di quello che fanno i suoi uomini?”
“Cosa vuole dire?”
“Glielo dico subito così le levo la curiosità: lei ha convalidato una contravvenzione per superamento del limite di velocità sul limite dei 90 km/h su una velocità rilevata per 314 km/h.”
“E allora, proprio non capisco.”
“Provi a rileggere il foglio che ha in mano: quella moto non può andare oltre i 160 km/h”
P sbiancò e rilesse accuratamente la scheda tecnica.
“Non capisco, non è possibile: ci deve essere una spiegazione. Sicuramente la targa è stata spostata.”
“No P, il retrotreno della moto è chiaramente visibile: è la moto del mio amico parcheggiata qui sotto.”
“E che ne so, l'avrà truccata”
“A parte che sarebbe impossibile, la moto è qui sotto pronta per ogni prova: sopra vi è stato montato un GPS provvisto di plotter da parte dei miei uomini. Ha in forza dei motociclisti, comandante?”
“Certo che si: ne abbiamo 2.”
“Bene, ne chiami uno; il migliore e gli faccia provare questa moto.”
“Ma io non lo so; e poi non sono mica obbligato a fare tutto questo.”
“Ha perfettamente ragione P; lei non è obbligato. Ma le dirò cosa farò io uscendo da questo ufficio: denuncerò la cosa e prevedo grossi guai per lei e per il Comune di V. Io dimostrerò che voi avete elevato centinaia di contravvenzioni con strumenti fallaci ai danni dei cittadini e le cause pioveranno a pioggia.”
“P era ingrigito e le rughe gli popolavano la fronte. Alzò la cornetta e compose un numero.”
“D vieni subito al comando... no, non mi importa che sei a N... non mi importa nemmeno che sei appena arrivato... non me ne frega che stai per smontare, vieni subito qui... subito!”
“Ok, fra 10 minuti, massimo un quarto d'ora il mio uomo sarà qui. E adesso Righetti, mi dica cosa vuole.”
“Cosa voglio io: voglio che la contravvenzione posta al mio amico più tutte quelle emesse a partire dalla data dell'ultima omologazione dello strumento di rilevazione della velocità in vostro possesso vengano annullate per palese vizio dello strumento. Le basta?”
“Ma sta scherzando? Per le casse del Comune sarebbe un danno devastante.”
“Sono affari suoi e del suo Sindaco.”
“Ma collega...”
Carlo ruggì
“Non osi chiamarmi collega: io lavoro per la legge e la tutela del cittadino, lei per le casse del suo Comune.”
Al ruggito di Righetto seguirono una decina abbondante di minuti di imbarazzato silenzio che fu interrotto dall'arrivo di un pizzardone di V.
“Comandante, comandi.”
“D, voglio che controlli la moto che ti indicheranno i signori: è questo modello” disse allungandogli il foglio con la stampata.
“Tirala alla morte e dimmi che velocità registra.”
Intervenne Carlo: “Signor D, scendiamo e le indicherò io la moto e la strumentazione che in essa vi è installata. Dovrà solo fare un giretto di piacere. Venga, andiamo.”
Scesero e arrivarono davanti alla moto.
“Eccola qua, signor D, è tutta sua.”
“Ma io non ho capito cosa devo fare...”
“Niente di che: deve solo rilevare quale sia la velocità massima di questa moto.”
“Di questo trabiccolo? Ma farà al massimo i 150”
Mario pensò: adesso questo s*****o si fa fulminare. Ma Yama, nonostante l'offesa arrecatagli, non lo fulminò.
“Bravissimo D, salga in sella e faccia del suo meglio: questo GPS particolare registrerà ogni velocità da lei raggiunta. OK? Vada caro.”
Il tipo, evidentemente un po' impacciato anche perché abituato ad altro genere di moto salì su Yama. Studiò un attimo la disposizione dei comandi quindi mise in moto e partì al piccolo trotto.
Nel frattempo tanto Carlo che Mario si accesero una sigaretta.
Tra uno sbuffo e l'altro...
“Quando l'ho sentito chiamare Yama trabiccolo ho pensato al peggio.”
“Io continuo a pensare al peggio: potrebbe portarlo a 500 km/h quindi inchiodare di colpo e farlo arrivare in volo a S'A.”
“Noooo, Yama non me lo farebbe mai; secondo me si sta divertendo troppo a vedere quanto siamo bastardi.”
“Tu sarai bastardo e tu hai preso la multa; io sto solo facendo giustizia.”
“Ma v********o ché saresti disposto a perdere i gradi pur di trattar male lo scemo di sopra.”
“E vabbeh, ma questo è un dovere civico. Non lo fo per piacer mio ma per dar giustizia a Dio.”
“E mi sa che era un po' diversa questa cazzata...”
In quel mentre il valoroso D arrivò di gran carriera in sella a Yama e si sfilò la scodella d'ordinanza con un gran sorriso.
“Ma lo sapete che pensavo peggio: è una motoretta ma che coppia ai bassi. Mi sono proprio divertito, tirava come un cannone alle uscite di curva. Peccato che sia un po' limitata come cilindrata. Non credo che mi abbia fatto più di quello che avevo previsto”
Carlo si avvicinò al plotter, prese il rotolino di carta emesso, gli diede uno sguardo e lo consegnò al vigile: “Guardi lei stesso: ha fatto i 158, non male.”
“Buono, proprio niente male per una moto che ha tutti questi anni; è un carrettone ma tira ancora fuori gli artigli.”
Mario e Carlo si guardarono negli occhi e il pensiero comune fu: portiamo questo scemo lontano da Yama prima che venga incenerito.
Salirono tutti quanti ed andarono nella stanza del comandante P.
Senza dire niente Carlo e Mario si sedettero ai propri posti mentre D rimase rispettosamente in piedi.
“Prego, fate come se foste a casa vostra” sibilò seccatissimo P.
“Grazie comandante, abbiamo già fatto” gli rispose irridente Mario.
“Lei non si deve permettere...” provò ad incazzarsi P.
“P, lasci perdere Mario e dica a me se ha qualcosa da dire.” lo interruppe un Carlo antartico.
P non rispose ma si rivolse a D in maniera superiormente sgarbata: “Allora D, come è andata?”
“Beh, ho fatto qualche chilometro sulla pedemontana: la moto va bene, è a posto. Funziona tutto, frecce, clacson, freni. Può passare la revisione.”
“Ma chi se ne fotte della revisione, pezzo d'imbecille: quanto fa quella stramaledetta moto di velocità massima...” gli gridò P.
“Guardi lei, signor comandante, qua c'è la stampa” rispose rossissimo il vigile.
P prese il rotolino di carta e lo guardò accigliatissimo.
“158, e allora? Qua bisogna vedere ancora qualcosa. Dimmi D, e se ci fosse montato un impianto NOS? Potrebbe quella moto fare i 314 km/h”
D scosse la testa vigorosamente.
“Ascolti comandante, facciamola finita in fretta ché non abbiamo tempo da perdere. Congedi il suo uomo ché dobbiamo parlare”
P lo guardò con uno sguardo di puro odio quindi rivolgendosi a D gli intimò di andarsene.
Sembrava sul punto di scoppiare tanto che si slacciò il colletto per consentire una più adeguata circolazione del sangue quindi appoggiò violentemente le palme di piatto sulla scrivania e sbottò:
“Adesso basta con queste stronzate: lei non ha alcuna autorità su di me. Mi dica cosa vuole e se ne vada.”
Carlo emise un lungo e flautato risolino quindi, col tono cui avrebbe parlato alla moglie in una notte d'amore gli rispose:
“Vede P: lei non ha capito niente. La mia è una visita amichevole, oserei dire quasi istituzionale se lei fosse qualcuno. Io non sono venuto a minacciarla ma a metterla in guardia affinché si possa far trovare preparato quando l'inevitabile accadrà. Io uscirò da qui e denuncerò il comune di V. Se lei dimostrerà di aver collaborato forse se la caverà altrimenti, buona notte e buona fortuna.”
Così dicendo Carlo si alzò e rivolgendosi a Mario: “Dai, andiamo ché è tardi”
“Ma aspetti, lei non se ne può andare così: possiamo metterci d'accordo; parli prima col Sindaco.”
“Tre giorni. Le do tre giorni. In questo tempo lei deve annullare tutte le contravvenzioni emesse, contattare i multati e risarcire coloro i quali abbiano già pagato. Buona giornata comandante P”
Scendendo le scale Carlo e Mario zufolavano lo stesso motivetto facendosi l'un l'altro il controcanto. Era stata una mattinata divertente. Mentre si vestivano prima di partire a Mario venne un cruccio:
“Carlo, ma non sarai stato un po' troppo duro?”
“Scherzi? Quello confonde i c***i con gli equinozi e fa il comandante dei VV. UU. Ma per carità; avere la possibilità di smascherarlo è stato un altro grande atto di benevolenza di Yama. E adesso basta, andiamo a berci una birra.”
“Per me va bene ma vai piano sennò...”

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Bene ragazzi, la storia non è finita ma col sistema a puntate la finiamo qui. C'è ancora da scrivere e raccontare ma vi prenderete la mega suppostona tutta in una volta, quando avrò finito.

Vi ringrazio per l'attenzione che mi avete dimostrato: è solo una sciocchezza ma mi ha fatto piacere essere riuscito ad intrattenervi in queste settimane.

Ci vediamo fra un po' per la mirabolante fine ouroborica della storia di Mario.

Per info MP...