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'Orient Express' quarta tappa: il sogno continua in sella verso Gorakhpur!
Scritto da Maurizio60 - Pubblicato 07/07/2025 16:11
PREFAZIONE: Questo articolo è un Report di fantasia che ci condurrà nel viaggio di 3 amici motociclisti, Marco, Luigi e Gianni i quali decidono di intraprendere un viaggio straordinario, la cui preparazione e organizzazione già inizia molti mesi prima rispetto alla data di partenza che è fissata per fine Febbraio...

Richiesti i relativi permessi, la documentazione necessaria con relativa assicurazione sanitaria, spediscono dall'Italia le loro motociclette per ritirarle qualche giorno dopo in India. A fine Febbraio raggiungono Delhi con un volo di linea Internazionale, dove sono state spedite le loro moto. Una volta atterrati a Delhi e disbrigate la pratiche aeroportali, ritirano le loro moto con le quali una volta in sella si dirigono a Haridwar da dove inizierà il loro viaggio.
I luoghi descritti esistono realmente e il viaggio descritto prende ispirazione dal Reality Pechino Express. Le immagini sono create con IA e di fantasia. Chiedo scusa in anticipo per qualche inesattezza sia nella descrizione che nelle immagini.

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Khajuraho si svegliava lentamente sotto un cielo rosato, il terzo giorno del viaggio in Oriente di Gianni, Marco e Luigi. Le prime luci dell'alba accarezzavano le guglie intagliate dei templi millenari, ma la loro attenzione era tutta rivolta alle compagne di viaggio a due ruote. La sera precedente erano arrivati stanchi, ma l'imminente tappa verso Gorakhpur, oltre 600 chilometri di strade che si preannunciavano un misto di polvere e sabbia, imponeva una meticolosa preparazione.
Marco, con la sua Ducati Multistrada V4 rossa scintillante sotto il sole nascente, stava già controllando la pressione degli pneumatici, il suo sguardo concentrato.



Luigi, a cavallo della sua imponente BMW R 1300 GS nera, lubrificava la catena con gesti esperti, mentre Gianni, con la sua fidata Honda Africa Twin 1100 bianco e blu, verificava il livello dell'olio, mormorando tra sé un incoraggiamento alla moto. Erano un trio affiatato, uniti dalla passione per l'avventura e dalla consapevolezza che, in luoghi come questi, l'affidabilità dei loro mezzi era la chiave di ogni successo.



Dopo un'ora di controlli incrociati, strette di bulloni e qualche regolazione minore, le tre moto sembravano ruggire di impazienza, pronte a divorare la strada. La prima meta della giornata era Varanasi, la città sacra sul Gange, a circa 300 chilometri di distanza. Un percorso che, secondo le informazioni raccolte, si sarebbe snodato principalmente su strade sterrate e sabbiose, mettendo a dura prova le sospensioni e la loro abilità alla guida.



Alle 8:00 in punto, dopo aver gustato una sostanziosa colazione a base di paratha e chai, che aveva ripristinato le loro energie, i tre amici erano finalmente pronti. Un ultimo sguardo ai templi di Khajuraho che si ergevano maestosi alle loro spalle, un cenno d'intesa, e poi il rombo dei motori ruppe il silenzio mattutino. La Ducati di Marco in testa, seguita dalla BMW di Luigi e dall'Africa Twin di Gianni, le tre moto si avventurarono sulla strada polverosa, inghiottite presto dalla vastità del paesaggio indiano. L'Oriente li attendeva, con le sue sfide e le sue meraviglie, e loro erano pronti a viverle, chilometro dopo chilometro.



L'Arrivo a Varanasi
Il sole si stava stancando, tingendo l'orizzonte di sfumature arancio e cremisi, quando Marco, Luigi e Gianni finalmente scorsero il fumo sottile che si levava all'orizzonte. Erano cinque ore che le loro moto danzavano su un tappeto ininterrotto di terriccio e sabbia, sollevando nuvole che si attaccavano ai vestiti e al sudore. La polvere, ormai, era una seconda pelle, un sigillo di un viaggio che sembrava non finire mai.
Marco, il più esperto dei tre, scosse la testa per scacciare la stanchezza. La sua Ducati ruggiva sotto di lui, fedele compagna di innumerevoli avventure. Dietro di lui, Luigi, con la sua BMW, si teneva a distanza di sicurezza, la visiera del casco sporca di schizzi. Gianni, il più giovane, sulla sua agile Africa Twin, era un fascio di nervi ed eccitazione, gli occhi fissi sul miraggio che iniziava a prendere forma.



Varanasi. Il nome riecheggiava nelle loro menti da mesi, un richiamo antico e potente. Avevano sentito storie, letto guide, ma nessuno li aveva preparati alla realtà che si stava svelando. Le prime case, basse e addossate, apparvero ai lati della strada, come sentinelle silenziose. Il profumo, denso e inebriante, di spezie, incenso e qualcosa di indefinibile, fluttuava nell'aria calda, avvolgendoli.
Il rombo dei motori si mescolò gradualmente al crescendo di suoni della città: clacson impazziti, il brusio di mille voci, il tintinnio di campanelli. La strada di terra battuta si trasformò lentamente in un dedalo di vicoli stretti, dove carretti stracolmi si facevano spazio tra mucche sacre che vagavano indisturbate e folle di persone indaffarate. Erano un’anomalia, tre occidentali su moto sporche, ma nessuno sembrava farci caso.



Erano semplicemente un’altra tessera nel mosaico infinito di Varanasi.
Marco rallentò, lasciando che le prime impressioni si depositassero. Vide volti segnati dal tempo e dalla devozione, sguardi curiosi e indifferenti. Ragazzi che giocavano a cricket in un cortile polveroso, donne con sari dai colori sgargianti che portavano brocche d'acqua sulla testa, monaci con abiti safran che camminavano con passo lento e dignitoso.
Luigi, sfilandosi il casco, respirò a pieni polmoni l'aria densa. "È... è incredibile," mormorò, la voce roca per la polvere e l'emozione. Gianni annuì, gli occhi spalancati, cercando di assorbire ogni dettaglio. L'energia della città era palpabile, un'onda che li travolgeva e li invitava a farne parte.
Le moto si fermarono finalmente davanti a un piccolo albergo suggerito da un viaggiatore incontrato giorni prima. Il motore di Marco tossì e si spense, rompendo l'incantesimo del loro arrivo. Scesero dalle moto, le gambe indolenzite ma l'anima leggera. I loro corpi erano stanchi, coperti di polvere e sudore, ma i loro spiriti erano pieni di una curiosità quasi infantile. Varanasi, con tutta la sua caotica bellezza, li aveva accolti. E loro, dopo ore di marcia nel cuore dell'India, erano finalmente pronti a immergersi nel suo mistero. Il viaggio non era finito; era appena iniziato.



Un sole cocente picchiava su di loro, la polvere si alzava a ogni passo e l'aria vibrava per il calore. Marco si asciugò la fronte con il dorso della mano, sentendo il sudore scivolargli lungo la schiena. "Non ce la faccio più," borbottò, gli occhi fissi su un'oasi di alberi in lontananza.
Luigi, sempre il più pragmatico del gruppo, annuì. "Dobbiamo fermarci. Gorakhpur può aspettare, ma la disidratazione no." Gianni, che di solito era il più loquace, si limitò a un mugugno di assenso, troppo spossato per parlare.
Trovarono riparo sotto l'ombra generosa di un grande baniano. L'aria era leggermente più fresca lì, e un debole venticello portava il profumo dolce della terra asciutta. Fu un sollievo immediato, come un balsamo sulle loro pelli arrossate.
Marco tirò fuori dall'acqua il pane e il formaggio che avevano preparato quella mattina. Non era un banchetto, ma in quel momento sembrava il pasto più delizioso del mondo. Mangiarono lentamente, assaporando ogni boccone, e bevvero acqua a grandi sorsi, sentendo il liquido fresco scendere giù per la gola e rinvigorirli.
Mentre mangiavano, il silenzio fu interrotto solo dal fruscio delle foglie e dal lontano cinguettio degli uccelli. Era un silenzio ristoratore, che permetteva loro di riprendere fiato non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Marco chiuse gli occhi per un momento, sentendo il calore del sole penetrare attraverso le palpebre chiuse, ma ora non era più opprimente, ma quasi confortante.



Circa tre ore passarono in questa quiete beata. Non fu solo un riposo per i loro corpi, ma anche per le loro menti. Parlarono del più e del meno, condividendo storie e risate, e il senso di urgenza che li aveva accompagnati per tutta la mattinata si dissolse, sostituito da una calma serena.
Quando si rimisero in viaggio, il sole era ancora alto nel cielo, ma la sua intensità era diminuita. L'aria era più leggera e il loro passo era più deciso. Gorakhpur li attendeva, certo, ma ora non era più una corsa contro il tempo. Era una destinazione, sì, ma il viaggio stesso era diventato parte dell'avventura. Con il cuore leggero e lo spirito rinnovato, Marco, Luigi e Gianni ripresero la marcia in sella alle proprie moto, pronti ad affrontare ciò che il resto della giornata aveva in serbo per loro.



Polvere e Sogni lungo le strade Indiane
Il sole rovente dell'India picchiava impietoso sulle teste dei tre motociclisti, avvolgendoli in un manto di polvere dorata sollevata dal traffico incessante. Marco, con la sua fiammante Ducati Multistrada V4, un gioiello rosso che sembrava quasi fuori luogo in quel paesaggio brullo, era in testa. Il rombo cupo del suo motore era una sinfonia per le sue orecchie, un richiamo all'avventura che lo aveva spinto fin lì, in mezzo a quella distesa infinita di campi arsi e villaggi sonnolenti.
Dietro di lui, imponente e massiccia, avanzava la BMW R 1300 GS di Luigi. Un gigante d'acciaio grigio che macinava chilometri con la disinvoltura di un treno merci, ma con l'agilità di un felino, almeno nelle mani esperte del suo proprietario. Luigi era l'uomo pratico del gruppo, quello che pensava alla logistica, alle pause carburante e a tenere d'occhio la rotta.
E poi c'era Gianni, con la sua fidata Honda Africa Twin 1100 bianco e blu. Un classico, una moto che aveva visto più polvere e fango di quanto la Ducati di Marco potesse mai immaginare. Gianni era il saggio, quello che affrontava ogni imprevisto con un sorriso sornione e una battuta pronta. La sua Africa Twin, con i suoi graffi, era la testimonianza di innumerevoli avventure, e in quel momento, sembrava perfettamente a suo agio in quella strada sterrata che si snodava all'orizzonte.



Avevano ripreso il viaggio verso Gorakhpur, la destinazione finale della tappa odierna. Ore di guida li attendevano, ore in cui il paesaggio sarebbe cambiato gradualmente, trasformandosi da campi aperti a foreste più fitte, punteggiate da templi antichi e santuari colorati. L'aria era densa di odori: incenso, spezie, polvere e, a volte, il profumo dolce dei fiori di gelsomino.
Marco accelerò leggermente, sentendo l'adrenalina scorrere nelle vene. La Multistrada danzava sotto di lui, agile e potente. Pensava alla cena che avrebbero fatto a Gorakhpur, magari un buon curry piccante, e alla birra fresca che avrebbero bevuto per dissetarsi.
Luigi, con le mani salde sul manubrio della sua BMW, osservava il traffico caotico che li circondava. Tuc-tuc scampanellanti, biciclette cariche all'inverosimile, camion decorati con colori vivaci che sembravano opere d'arte in movimento. Era un mondo diverso, un'esperienza che nessun viaggio organizzato avrebbe mai potuto replicare.
Gianni, nel frattempo, canticchiava tra sé una vecchia canzone italiana, accompagnato dal ritmo sincopato della Honda. Ogni tanto, con un rapido sguardo nello specchietto, si assicurava che gli altri due fossero ancora lì, dietro di lui. Erano amici da una vita, legati da una passione comune per le moto e per l'esplorazione.



Il sole cominciò lentamente a calare, tingendo il cielo di sfumature arancioni e viola. Le ombre si allungavano, e l'aria si fece leggermente più fresca. Gorakhpur era ancora lontana, ma il senso di avventura era più vivo che mai. Per Marco, Luigi e Gianni, la strada non era solo un percorso per raggiungere una destinazione; era il viaggio stesso, con tutte le sue incertezze, le sue meraviglie e le sue promesse. E su quelle due ruote, sotto il vasto cielo indiano, erano esattamente dove volevano essere.



L'Ombra della Sera su Gorakhpur
Il sole, una palla di fuoco arancione, iniziava la sua lenta discesa sull'orizzonte indiano, proiettando lunghe ombre danzanti mentre Marco, Luigi e Gianni entravano a Gorakhpur. Il rombo sommesso dei loro motori, dopo ore di ininterrotta cavalcata attraverso polverose pianure e villaggi sonnolenti, sembrava quasi un sospiro di sollievo nell'aria densa e vibrante di odori speziati.
Marco, sulla sua Ducati Multistrada V4, sentiva il calore del motore irradiare attraverso le gambe, una sensazione familiare e rassicurante. I suoi occhi, protetti dalla visiera del casco, scrutavano la frenetica vita che si svolgeva ai lati della strada: risciò sferraglianti, carretti trainati da buoi, e una miriade di persone che si muovevano con un ritmo tutto loro, indifferenti al passaggio delle tre motociclette da sogno.



Alle sue spalle, Luigi, imponente sulla sua BMW R 1300 GS, sembrava un gigante benevolo. La sua moto, un monolite d'acciaio e tecnologia, assorbiva le imperfezioni della strada con una grazia sorprendente, nonostante la sua mole. Luigi aveva un sorriso nascosto sotto il casco, la stanchezza piacevole di un viaggio che si era rivelato un inno alla libertà.
E poi c'era Gianni, inseparabile dalla sua Honda Africa Twin 1100 bianco e blu. La sua moto, meno appariscente delle altre due, aveva il fascino discreto di chi sa il fatto suo, una compagna fidata che non lo avrebbe mai lasciato a piedi. Gianni, il più taciturno dei tre, comunicava con lo sguardo, e in quel momento i suoi occhi esprimevano una quiete profonda, la soddisfazione di un altro giorno di avventura che volgeva al termine.
L'aria si faceva più fresca, portando con sé profumi di incenso e fumo di legna bruciata. I clacson suonavano una sinfonia incessante, un coro tipico delle città indiane, e le luci dei negozi iniziavano a illuminarsi, macchie brillanti nel crepuscolo che si addensava. Marco rallentò, segnalando agli altri di seguirlo. Era ora di trovare un riparo per la notte, un luogo dove poter riposare i muscoli stanchi e riempire lo stomaco.
Si fecero strada tra la folla, le loro moto che sembravano quasi galleggiare in quel mare di umanità. L'esotismo di Gorakhpur li avvolgeva, un miscuglio inebriante di suoni, colori e sensazioni. Dopo tante ore trascorse a macinare chilometri, il contrasto con la vibrante energia della città era quasi surreale.



Finalmente, scorsero un'insegna luminosa che prometteva un albergo. Parcheggiarono le moto, una accanto all'altra, testimonianza silenziosa di un viaggio condiviso. Scesi dalle selle, la terra ferma sembrò oscillare per un istante sotto i loro piedi. Si tolsero i caschi, rivelando volti segnati dalla polvere e dal vento, ma illuminati dalla soddisfazione.
"Beh, ragazzi," disse Marco, stiracchiandosi. "Ce l'abbiamo fatta anche oggi." Luigi annuì, massaggiandosi la nuca e disse a bassa voce; "Gorakhpur, pensavo non arrivasse più." Gianni si limitò a sorridere, la sua Africa Twin, come sempre, impeccabile. I tre amici si guardarono, un legame rafforzato da centinaia di chilometri percorsi insieme. Il sole era ormai sceso del tutto, lasciando il posto a un cielo stellato che prometteva nuove avventure all'indomani. Ma per quella sera, Gorakhpur, con le sue luci e i suoi misteri, li avrebbe accolti nel suo abbraccio, pronti a offrire il riposo di cui avevano disperatamente bisogno.



Marco, Luigi e Gianni possono finalmente riposarsi oggi! Domani le loro moto saranno sottoposte a un tagliando approfondito, dopo aver percorso circa 2000 km in quattro giorni su strade prevalentemente sterrate e sabbiose. La Ducati Multistrada V4 rossa di Marco, la BMW R 1300 GS nera di Luigi e l'Honda Africa Twin 1100 bianco e blu di Gianni dovranno essere pronte perché il sogno di "Orient Express" continua in sella verso Lumbini in Nepal.


Nota: Non sono uno scrittore, anche se amo scrivere storie, e non sono un Graphic Designer anche se mi diletto nel creare immagini con IA, siate clementi Pray


Buona strada sempre Up
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