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La salita di Arpino (ultimo atto)
Scritto da madux - Pubblicato 03/04/2007 13:56
Mentre scendevamo, mi venne da pensare che una sfollata alla prima curva non avrebbe potuto farlo arrivare così indietro...

Diedi un’altra occhiata alla sua gomma posteriore liscia e pensai che, a gomma calda, la mia, che era un po’ più nuova, (anche se non di molto), avrebbe lavorato meglio.
Questa volta non mi diede modo di partire sotto la prima curva anzi, appena arrivati giù, girò e partì senza nemmeno aspettare che a mia volta finissi di girare. Lo vidi abbassarsi mentre scaricava la prima: io non mi abbassavo mai e questo mi diede una conferma ulteriore che non si sentiva molto sicuro.

Partii cercando di mantenere la calma. Già alla prima curva mi sentii perfettamente a posto: la gomma tenne benissimo e toccai la pedana destra per tutta la curva, lasciandola anche ripiegare un po’ alleggerendo la pressione del piede. “Il Bello” era a metà del rettilineo, allungato sul serbatoio, la maglietta a mezze maniche gli era risalita fin quasi alle spalle. All’imbocco della seconda curva gli presi almeno dieci metri. L’adrenalina mi scuoteva, ma ero concentrato e con la mente mi sembrava di aggrapparmi alla sua moto per avvicinarmi... spingevo la moto anche con il pensiero insomma.

Altre due curve e gli fui sotto: eccola lì la gomma posteriore dei miei incubi! Una curva ancora dietro di lui quasi tamponandolo e “la curva della cava” che si avvicinava davanti a noi a velocità pazzesca. “La curva della cava” è un mezzo tornante verso sinistra, scoperto, cioè c’è abbastanza visuale per vedere eventuali macchine in senso opposto. I nostri amici erano proprio all’esterno. Aspettai la sua frenata ed entrai deciso all’interno: la pedana sinistra toccò subito e si ripiegò in su ed i nostri gomiti si sfiorarono. Curvai molto più stretto: la mia moto è fantastica per questo. Mi misi davanti prendendo la “mia traiettoria”, lo “sentivo” dietro e mi aspettavo che ci provasse alla curva successiva ma non feci niente: sapevo di dover fare le mie traiettorie e basta, le avevo provate e riprovate ed ero certo che fossero le migliori per me e la mia moto.

Presi a concentrarmi solo sulla strada e tirai dritto senza voltarmi. “All’arrivo” girandomi di scatto vidi che non c’era. Sbucò quasi con lo stesso distacco della volta precedente. Si fermò vicino a me e sorrise: “bastardo!” mi disse, “come caxxo fai ad andare così forte?” Sorrisi anche io, mentre arrivavano i nostri amici: “Anche tu non sei male” dissi, “ma stavolta la birra la paghi tu.”

Fu lui a raccontare del distacco enorme che gli avevo dato e di come era rimasto impressionato. Ci dicemmo che avrei dovuto partecipare alla cronoscalata, che avrei sicuramente vinto, che loro mi avrebbero aiutato e tante altre cose, allegri e spensierati. Poi, dopo un mese, partii alla volta di Torino per lavoro e stetti fuori molto tempo: il sogno di correre per quell’anno morì lì.

Lo avrei coronato qualche anno dopo.
Madux
 

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Commento di: Edyamaha il 03-04-2007 19:42
Bravo bella storia..
Commento di: Riz85 il 03-04-2007 19:42
Grande raccondo, sono estato incollato con gli occhi al testo senza fiatare fino alla fine, veramente appasionante!!
Commento di: danibarge il 04-04-2007 09:40
Grande storia..
Ma a quanto ho capito devi raccontarci ancora parecchie cose successe gli anni successivi..
Commento di: Morpheus257 il 04-04-2007 23:40
Nelle nostre zone ne succedono di queste cose... e pensare ke io lo facevo col 50ino :)
Ciao, bella storia davvero!