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A Tutto gas sul Fiume - Racconto Real-Fantasy
Scritto da Maurizio60 - Pubblicato 15/10/2025 16:43
L'estate del 1974 a Roma era pesante, non solo per il caldo africano che faceva vibrare l'asfalto di Via Nomentana, ma per un'aria che sembrava pił spessa, carica di tensioni e di telegiornali parlati a bassa voce...

A quattordici anni, però, per Maurizio esisteva una sola vera crisi: la cronica mancanza di potenza.
La sua moto era un Ciao Piaggio, di un azzurro sbiadito che aveva visto troppi acquazzoni romani. Non era una Guzzi, non era una Maico da cross, era un cinquantino a pedali, l'emblema della modesta mobilità borghese. Eppure, nelle mani di Maurizio, quel Ciao era una belva indomita.



Ogni sabato e domenica, dopo aver convinto sua madre che andava a passare il pomeriggio a casa del suo migliore amico, Maurizio spingeva il Ciao fuori dal garage. La sua destinazione: l'argine del Tevere, a nord della città.
Non era un campo da motocross ufficiale. Era solo un tratto di terra battuta lungo la riva, dimenticato dal cemento e invaso da sterpaglie e polvere. Perfetto. Lì, tra i pioppi secchi e i sassi arrotondati dal fiume, Maurizio trovava il suo mondo.
Il trucco non era nella velocità, che era ridicola, ma nella follia dell'approccio. Non potendo contare sulla forza, contava sul bilanciamento e sulla pura, incosciente audacia.
Il Ciao non aveva sospensioni da cross, solo la sella molleggiata e delle ruote così sottili che sembravano disegnate con il compasso. Quando prendeva una rampa di terra costruita alla bell'e meglio, il veicolo sobbalzava e strideva come un uccello ferito.
«Dai, Maurizio, a tutto gas sul fiume!» gridava a sé stesso, mentre le ruote si impuntavano sul fango secco e i pedali, ripiegati all'indietro, sbattevano ritmicamente. La polvere rossa si alzava in un cono denso, una nuvola personale che faceva somigliare il suo modesto mezzo a una vera moto da gara, almeno per un istante, per un brevissimo salto che lo lasciava senza fiato.



La visione di sghembo
Un pomeriggio di fine luglio, il caldo era così feroce che l'aria sull'argine vibrava in modo innaturale. Maurizio aveva modificato il motore in garage, cercando di spremere fuori il mezzo cavallo di potenza che gli mancava. Aveva appena provato un dosso particolarmente ripido.
Mentre il Ciao affrontava la discesa, le ruote toccarono un punto molle, una chiazza di fango nascosta sotto la polvere. Il Ciao si inclinò di colpo, e il mondo si rovesciò.
Maurizio non cadde. Anzi, successe qualcosa di inaspettato.
Mentre l'avantreno scivolava, il tempo rallentò. L'aria, di solito pesante di benzina e ozono, divenne fresca come acqua di fonte. Vide un luccichio a terra, non fango o sassi, ma qualcosa di metallico, una scintilla che sembrava cantare.
Per un attimo, il Piaggio smise di stridere. Le gomme sottili si trasformarono in artigli, la cinghia smise di gemere e il motore accelerò con una nota pulita, profonda, che non aveva mai sentito prima.



Non era il suo Ciao.
Era un'ombra. Una Moto Guzzi 500 da corsa del dopoguerra, lucida e scura, che sfrecciava su quella stessa sponda. Ma al posto della polvere, sollevava una scia di nebbia argentea.
Il ragazzo in sella non era un coetaneo. Aveva il viso scarno di un pioniere, con gli occhiali da aviatore che gli coprivano gli occhi. Non era solo. Al suo fianco, leggermente sfasato nel tempo, correva un altro mezzo guidato da un anziano con la barba incolta. Dietro, per un attimo, si materializzò un'elegante figura in sella a una motocicletta con le ruote in legno e un motore a scoppio primordiale.
Maurizio non stava vedendo il futuro o il passato. Stava vedendo l'eco della velocità. Stava vedendo tutti quelli che, prima di lui, avevano provato a trasformare quella striscia di terra vicino all'acqua in una pista, a domare la potenza e a superare i limiti del loro tempo.
La sua caduta mancata non era stata solo un errore di guida. Era stata un'apertura, un battito di ciglia temporale in cui il suo Ciao, per una frazione di secondo, aveva toccato la realtà primordiale della velocità su due ruote, il sogno collettivo di ogni motociclista lungo il Tevere.



Il Ritorno e il Sogno
Poi, il flash svanì. Il Ciao si raddrizzò con uno strattone violento, la forcella anteriore vibrò e il motore riprese il suo ronzio familiare, un po' lamentoso. Maurizio si ritrovò in cima alla rampa, le mani ancora strette sul manubrio, il cuore che gli batteva come un pistone fuori fase.
Sotto di lui, la chiazza di fango si era asciugata quasi istantaneamente. Non c'era traccia della Guzzi o dell'uomo con gli occhiali da aviatore. C'era solo lui, Maurizio, 14 anni, nell'estate del 1974, con il suo Ciao Piaggio.
Si pulì la fronte, ripartì e scese lentamente. Non era più solo un ragazzo che giocava. Sapeva che, ogni volta che osava, quando spingeva al massimo il suo modestissimo mezzo, non era solo: si univa a una corsa eterna che si svolgeva lungo il Tevere, una gara silenziosa che univa le generazioni di appassionati di motori.
Quel giorno, Maurizio non fece più il solito motocross. Smise di saltare i dossi e iniziò a disegnare, con le sue ruote sottili, un percorso fluido, quasi danzante, dove l'importante non era la velocità, ma la linea perfetta.
Quando tornò a casa, sua madre lo sgridò per la polvere rossa che aveva sui vestiti. Lui si limitò a sorridere, un sorriso che sapeva di benzina e argento antico. Aveva capito.
A tutto gas sul fiume. Non per battere un record, ma per mantenere viva una tradizione segreta. E la sera, nel silenzio della sua stanza, giurò che un giorno, un giorno avrebbe avuto una vera moto da cross. Ma sapeva anche che, nel fango e nella polvere del 1974, il suo glorioso, irripetibile Ciao gli aveva già insegnato tutto ciò che doveva sapere sulla vera velocità e sulla magia delle due ruote.



Nota: Questo è un Report Real-Fantasy, che trae ispirazione da eventi realmente accaduti. L'intento è quello di intrecciare la realtà e la fantasia, fondendo fatti concreti con interpretazioni immaginative per offrire una narrazione che stimoli la riflessione e catturi l'immaginazione. Ogni dettaglio, personaggio ambientazione creativa è pensato non per alterare, ma per arricchire e completare il racconto di ciò che è stato.
Non sono uno scrittore, anche se amo scrivere storie, e non sono un Graphic Designer anche se mi diletto nel creare immagini con IA, siate clementi Pray


Buona strada sempre Up
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