Un momento che si svolge in un secondo, eppure dura un’eternità. Non è la partenza, non è la curva perfetta, né l'arrivo. È l'istante prima di tutto ciò: il momento in cui, con un gesto secco e quasi rituale, si abbassa la visiera del casco. È lì, in quel piccolo scatto, che la realtà si deforma e inizia la danza di angeli e demoni.

Tutto comincia con il suono, che si attenua. Il rumore del mondo si fa ovattato, distante. Le voci degli amici, il clacson di un'auto, il brusio della città: tutto viene filtrato, ridotto a un ronzio indistinto. È un istante di solitudine, ma non di isolamento. È la preparazione, il primo vero passo verso l'altrove.
Gli angeli si manifestano per primi. Sulla tua spalla sinistra si siede quello che ti sussurra la libertà. Ti ricorda le strade che si allungano all'orizzonte, le montagne che ti aspettano, il vento che ti accarezzerà il viso. È l'esaltazione della velocità, della fuga, della sensazione di essere un tutt'uno con la strada. Ti promette un senso di leggerezza assoluta, dove ogni problema resta indietro, piccolo e insignificante, nello specchietto retrovisore. Ti mostra, come in un film a rallentatore, le curve che percorrerai, la fluidità del movimento, la perfezione della traiettoria. È il sogno di ogni chilometro.
Ma non è solo l'esaltazione della corsa. C'è anche un angelo più silenzioso, più intimo. Quello che ti fa sentire l'odore del cuoio dei guanti, la consistenza della sella, la vibrazione familiare del manubrio. Ti riporta a tutte le avventure passate, ai viaggi indimenticabili, alle risate condivise, alla bellezza di un'alba vista in sella. Ti fa sorridere sotto il casco, ricordandoti che non è solo un mezzo di trasporto, ma una chiave per un mondo fatto di emozioni pure e indomabili.
E poi, in un battito di ciglia, arrivano i demoni. Si annidano sulla tua spalla destra, pronti a fare il loro ingresso trionfale. Il primo è quello della paura. Ti sussurra tutte le possibilità nefaste. Ti ricorda che la strada è imprevedibile, che un attimo di distrazione può cambiare tutto. Ti mostra l'asfalto bagnato, un sasso sulla traiettoria, l'imprudenza degli altri. È un'ansia che serpeggia, un nodo allo stomaco che si fa più stretto. Ti interroga sulla tua stessa capacità, sulla tua attenzione, sulla tua fortuna. Ti chiede se sei davvero pronto per quello che ti aspetta.
Accanto a lui, c'è il demone del dubbio. Ti insinua l'incertezza, il senso di colpa per aver lasciato a casa chi ti aspetta. Ti fa domandare se ne vale la pena, se quel brivido di adrenalina giustifica il rischio. Ti proietta immagini di responsabilità non assunte, di rischi calcolati male. È una voce sottile, che cerca di minare la tua determinazione, di farti esitare, di renderti vulnerabile.
In quel millisecondo tra l'abbassamento della visiera e l'avvio del motore, tutto questo si fonde in un'unica, potentissima sensazione. È la consapevolezza che la bellezza e il pericolo sono inestricabilmente legati, che la libertà ha un costo e che la vita si manifesta in tutta la sua intensità proprio al confine tra sogno e realtà.
Ma il motociclista non si fa sopraffare. Non sono gli angeli o i demoni a decidere. Sei tu, e solo tu, che stringi i guanti sul manubrio, premi il pulsante d'accensione e senti il motore che prende vita. In quel momento, tutte le voci si zittiscono. Non c'è più paura o esaltazione, solo una profonda, viscerale concentrazione. La visiera non è solo un pezzo di plastica, ma uno scudo che separa il mondo di prima dal mondo di adesso. Il mondo in cui non sei più un semplice individuo, ma un motociclista. E la strada, finalmente, è tua.
Buona strada sempre
