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Il Sentiero Inaspettato - Racconto Real-Fantasy
Scritto da Maurizio60 - Pubblicato 10/09/2025 14:47
Il sole del mattino proiettava lunghe ombre mentre tre moto rombavano all'unisono, riscaldandosi al ritmo dei motori...

Luca sulla sua fidata Honda Transalp, Marco con la sua BMW GS fiammante e Davide, il più giovane, in sella a una KTM Enduro, erano pronti per l'avventura che avevano pianificato da mesi: esplorare le remote strade sterrate dell'Appennino tosco-emiliano. La meta era un antico borgo abbandonato, raggiungibile solo attraverso sentieri poco battuti, promessa di un'esperienza indimenticabile.



Partirono con l'entusiasmo tipico di ogni inizio viaggio. I primi chilometri scivolarono via veloci sull'asfalto, con le conversazioni che volavano via nel vento, fatte di battute e progetti futuri. Poi, il paesaggio iniziò a cambiare. L'asfalto lasciò il posto a una strada bianca, poi a un sentiero sterrato sempre più accidentato, tra boschi fitti e panorami mozzafiato. La guida si fece più impegnativa, richiedendo concentrazione e abilità, ma era esattamente quello che cercavano.



L'imprevisto, come spesso accade, si presentò senza preavviso. Stavano affrontando un tornante stretto e ripido, quando la moto di Davide, la KTM, perse improvvisamente aderenza su un cumulo di ghiaia. Con un urlo strozzato, la moto scivolò di lato, trascinando Davide con sé in una piccola scarpata. Luca e Marco frenarono bruscamente, con il cuore in gola.
"Davide! Stai bene?" urlò Luca, scendendo dalla moto e correndo verso il bordo della scarpata.
Fortunatamente, Davide rispose quasi subito. "Sì, sì, tutto ok! Solo un po' di ammaccature all'orgoglio e alla moto."



La KTM era piegata su un fianco, con il manubrio storto e una freccia rotta. Nulla di irreparabile, ma la posizione era scomoda e il terreno scivoloso. I tre si misero subito al lavoro. Con fatica e coordinazione, tra imprecazioni e risate nervose, riuscirono a rimettere la moto in piedi e a riportarla sul sentiero. Luca, con la sua esperienza, raddrizzò il manubrio con un paio di colpi ben assestati, mentre Marco controllava che non ci fossero perdite di liquidi. Davide, intanto, si massaggiava una gamba, ma era chiaro che lo spavento era stato più grande del danno fisico.



Ripresero il cammino, un po' più guardinghi, ma con lo spirito indomito. Il sentiero si fece ancora più stretto e tortuoso, a tratti quasi indistinguibile. Il pomeriggio stava volgendo al termine e le ombre si allungavano, rendendo la visibilità più difficile. Fu allora che si accorsero di aver perso il sentiero principale. La traccia che stavano seguendo si diradava in un intrico di vegetazione. "Ragazzi, non mi sembra la strada giusta," disse Marco, consultando la mappa cartacea che teneva sul serbatoio. "Dovremmo essere più a est."



Il panico si insinuò per un attimo, ma venne subito scacciato dalla determinazione. Tornare indietro significava perdere ore preziose e rischiare di ritrovarsi nel buio più completo. Decisero di proseguire, affidandosi all'istinto e alla direzione del sole, ormai basso all'orizzonte. L'aria si fece più fresca, e il silenzio del bosco, rotto solo dal ronzio dei motori, divenne quasi assordante.
Guidarono per quella che sembrò un'eternità, tra fossi, radici sporgenti e rami bassi che sferzavano i caschi. Il borgo sembrava una chimera. La fame e la stanchezza iniziavano a farsi sentire, ma la speranza non li abbandonava. Fu Davide, il più giovane, a scorgere per primo un flebile fumo in lontananza.



"Guardate! Fumo!" esclamò, puntando il dito.
Seguirono la direzione del fumo e, dopo altri venti minuti di guida estenuante, emersero dal bosco in una piccola radura. Davanti a loro, non c'era il borgo abbandonato che cercavano, ma una piccola baita diroccata con un minuscolo camino dal quale proveniva una traccia di fumo. E, appoggiata a un albero, c'era una vecchia moto da enduro, di quelle di una volta.



Avvicinandosi, videro una figura anziana seduta su una panca di legno, intento ad accendere un fuoco. L'uomo, con la barba bianca e gli occhi vispi, li accolse con un sorriso enigmatico. Si presentò come Elio, un eremita che viveva lì da decenni, lontano dal mondo.
Elio offrì loro un brodo caldo e del pane di segale, semplici ma incredibilmente saporiti. Ascoltò le loro avventure e i loro imprevisti con un'espressione divertita.



Fu lui a svelare il motivo della loro perdita: il sentiero che cercavano era stato interrotto da una frana anni prima, e le mappe erano ormai obsolete. Il borgo abbandonato era ancora più a nord, quasi irraggiungibile con le loro moto.
Passarono la notte nella baita di Elio, condividendo storie e risate sotto un cielo stellato come non avevano mai visto. Impararono da Elio la saggezza della montagna e l'importanza di adattarsi agli imprevisti, anziché combatterli. Il mattino seguente, salutarono l'anziano con un senso di gratitudine e un po' di malinconia.



Ripresero la strada, questa volta su un sentiero diverso, meno avventuroso ma più sicuro, indicato da Elio. Non avevano raggiunto il borgo abbandonato, ma avevano trovato qualcosa di più prezioso: un'esperienza inaspettata, un incontro sorprendente e la conferma che le vere avventure sono quelle che ti portano fuori dai percorsi prestabiliti, nel bene e nel male. Tornarono a casa con le moto sporche di fango, qualche graffio in più e un bagaglio di ricordi che avrebbero raccontato per anni. La lezione appresa? Che i viaggi più memorabili non sono sempre quelli pianificati, ma quelli in cui si impara ad abbracciare l'inatteso.



Nota: Questo è un Report Real-Fantasy, che trae ispirazione da eventi realmente accaduti. L'intento è quello di intrecciare la realtà e la fantasia, fondendo fatti concreti con interpretazioni immaginative per offrire una narrazione che stimoli la riflessione e catturi l'immaginazione. Ogni dettaglio, personaggio e ambientazione è creato e pensato non per alterare, ma per arricchire e completare il racconto di ciò che è stato.


Buona strada sempre Up
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