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Pronti all'Avventura: L'Isola d'Elba del '71!
Scritto da Maurizio60 - Pubblicato 09/09/2025 16:31
Ehi, Gibo, che cavolo fai?! La tanica mettila sulla pedana e fissala con l'elastico! L'olio l'hai messo bene? Le candele, i ferri, i cavi, il 'tiptop'... tutto a posto?

Un ultimo sguardo, un check finale, e poi la frase tanto attesa: "Va bene, siamo pronti, si va!"
Quella partenza non era una cosa improvvisata. Dietro c'era quasi una settimana di preparazione febbrile. Il mio Lui 50 sfoggiava un portapacchi unico, recuperato chissà da quale moto e modificato dal signor Augusto. Augusto, fabbro dalle mani d'oro ma dalla lingua affilata – capace di scomodare ogni santo del calendario, e anche qualcuno che non lo era ancora – aveva forgiato un vero capolavoro di resistenza e leggerezza. Su quel gioiello, un robusto zaino militare, acquistato alla fiera di Senigallia, conteneva il nostro abbigliamento di ricambio.



La Vespa 50 di Gibo, nemmeno una Special ma dotata di una grintosa marmitta Pinasco e di una sella lunga Gaman che la faceva sembrare una "familiare", era il nostro magazzino viaggiante: ricambi, la preziosa tanica di miscela. E poi c'era il mitico Dingo 4 marce di Piero. Con il suo carburatore da 19, per noi era una vera belva scatenata! Su di essa, stipati alla bell'e meglio, c'erano tenda, paletti (il tutto pesava una tonnellata!), sacchi a pelo, un fornelletto recuperato da uno zio, pentola, gavette e vettovagliamento vario. Tutto era meticolosamente confezionato nei "sempre benedetti" sacchi neri della spazzatura.
Prima della partenza, un rapido "pit stop" tecnico: ingrassata ai cavi, gonfiata alle gomme e un pieno di miscela con l'inconfondibile olio Castrol TT. Il percorso? Segnato sulla fidata cartina stradale del Touring di tutta Italia – isole comprese – in scala 1:1.500.000, ovviamente adatto ai nostri mezzi.
L'abbigliamento era parte integrante della preparazione. Per me e Gibo, l'immancabile giubbotto di jeans era la nostra uniforme da viaggio. Piero, invece, aveva recuperato chissà dove un "chiodo" in pelle che lo faceva assomigliare a un vero Marlon Brando ne "Il Selvaggio", e se la tirava anche un po'! Nonostante il casco non fosse ancora obbligatorio, eravamo prudenti: jet della Boeri e Ray-Ban per me e Gibo. Piero, invece, sfoggiava degli occhialoni con montatura bianca di plastica e lenti che sembravano due televisori. Lui giurava fossero della Monica Vitti, persi sulla spiaggia di Cesenatico, ma noi sapevamo bene che erano della sorella, che ogni tanto "recuperava" qualcosa dal suo lavoro alla Standa. Tutti rigorosamente in jeans, con un K-Way legato in vita, scarpe da tennis, guanti e foulard "requisiti" alle mamme.
L'ultimo tocco da veri strateghi: un giro di saluti alle nonne il giorno prima della partenza. Risultato? L'immancabile "mancetta" (la classica spintarella economica) che faceva sempre comodo!



Sì, eravamo pronti. L'emozione era fortissima, l'entusiasmo alle stelle. Nei primi chilometri, su strade ancora familiari, cercavamo negli sguardi della gente quel misto di approvazione e rispetto, ma soprattutto ammirazione e invidia per le avventure che avremmo senza dubbio vissuto. Sulle nostre motine stracariche, ci sentivamo come antichi cavalieri in partenza per la liberazione del Santo Sepolcro. Stavamo compiendo qualcosa di epico e volevamo gridarlo a tutti: "NOI ANDIAMO ALL'ISOLA D'ELBA!"
Non avevamo progettato un semplice viaggio, ma un'Impresa, sì, l'Impresa con la I maiuscola.
Partimmo da Milano una domenica mattina del lontano 1971, con i nostri quindici anni e il mondo che si apriva davanti a noi, pronto per essere conquistato. Sbarcammo come eroi il lunedì pomeriggio a Marina di Campo. Tutta la vita era lì, in attesa di essere scritta: avventure, sogni, desideri.
Sono passati anni, molti, e altrettanti chilometri. Il mondo non è più "solo nostro", ma di quei sogni e desideri, alcuni si sono realizzati, altri forse no, o erano davvero impossibili. Di ragazze, molte. Di mogli, qualcuna. Figli e nipoti. Amici nuovi, vecchi, persi per strada, qualcuno ritrovato e poi riperso, qualcuno che non c'è più. E poi il lavoro, che, come gli amici, in fondo, ci ha reso un po' eroi. E le moto... ah, le moto! Tante, tutte amate, coccolate e qualche volta maledette. Compagne di innumerevoli viaggi e complici delle nostre fantasie più audaci.
Ora non abbiamo più il giubbotto di jeans. Qualche capello grigio e ogni tanto quel "dolorino lì" si fanno sentire, ma solo ogni tanto, eh! Ma la passione è rimasta dentro di noi, forte come allora, anzi, adesso è quasi un bisogno fisico.
"Ehi Gibo, lega bene quella borsa, dai!"
"Va bene, siamo pronti, si va!"

Fonte: Ho trovato questo racconto a fine Luglio in un angolo del Forum L'autore è "kawanove" Alessandro, che l'ha scritta diversi anni fa. Io non posso fare altre che pubblicarla con il gentile consenso di Alessandro, come Articolo per offrire maggiore visibilità a questo bel racconto... Grazie Alessandro per aver condiviso questi tuoi ricordi di gioventù con tutti noi.


Buona strada sempre Up
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