Ho sempre avuto una sorta di venerazione per questo oggetto, il casco. Avevo soltanto otto anni quando indossai il primo.

Mio Padre, possessore di un Morini tre e mezzo, mi portò da Livorno fino a Cecina , perché c'era un negozio che li vendeva anche per bambini, cosa abbastanza rara nel 1974. Ero contentissimo di avere il mio primo casco, a quel tempo faceva tanto pilota, si proprio come Agostini e Niki Lauda, da allora ne ho sempre posseduto almeno uno.

La venerazione crebbe quando leggevo su Autosprint e Motosprint, di come i piloti motociclisti e di formla 1 tenessero al proprio, mi sembra che addirittura Gilles Villeneuve non sopportava che nessuno toccasse il suo.

Da cosa poteva venire tutta questa gelosia per quello che a quei tempi poteva sembrare soltanto un accessorio?

Lo capii nel'1983, quando in un frontale con un furgone, spaccando il mio Boeri in due, ebbi salva la vita. Tengo a precisare che in quegli anni non era ancora obbligatorio e ringrazio mio Zio Sandro per il regalo che i fece dicendomi: "vedi di portarlo il più possibile".

Da allora i miei caschi sono sempre puliti , ben tenuti e soprattutto rispettati, perché potrebbe venire di nuovo il momento in cui debbano svolgere il loro lavoro.

Queste riflessioni mi sono state ispirate qualche giorno fà, quando ho visto dei ragazzi che tenevano per terra i loro caschi, chi lo sbatteva sul'asfalto dopo averlo assicurato ad una catena antifurto, chi ci stava seduto sopra.

Evidentemente alcuni giovani non danno la giusta importanza al casco, per molti è solo un'imposizione, per la ragazzine poi, quante noie con l'acconciatura.

Ai giovani voglio dire di portarlo con rispetto, ai meno giovani di non fare come ho fatto io, che davanti a quella scena, ho tirato a diritto, ma di rimproverare chi svilisce un oggetto che potrebbe salvarti la vita, perché questo è il casco.