Tecnica
Gli scarichi per i motori a due tempi
Scritto da LucaRs125 - Pubblicato 22/01/2006 15:48
Principio di funzionamento dello scarico per il motore 2T e contributo dell'espansione all'ottimizzazione delle prestazioni.

In poche occasioni i pezzi di una moto funzionano in modo totalmente indipendente dal resto. Per esempio, frenare dipende non solo dai dischi ma anche dall’asfalto e dai pneumatici. Nel caso dei motori a due tempi, invece, la struttura del tubo di scarico è unica. E vitale.

I motori a due tempi, che negli ultimi decenni sono stati sinonimo di potenza e ottime prestazioni, seppure a scapito di un elevato consumo di carburante, all’inizio vissero una situazione diametralmente opposta. Il loro schema di funzionamento rispondeva a canoni come la semplicità e l’economia, e fino agli anni Sessanta questo fu sufficiente. Si trattava di motori rudi, poco potenti ma dotati di una struttura che prevedeva bassi costi di produzione e manutenzione, dato che avevano problemi considerati endemici che impedivano loro di ottenere un alto rendimento e questo faceva sì che l’usura fosse contenuta.

La scoperta delle onde sonore che si generano nel tubo di scarico da parte di un ingegnere della Repubblica democratica tedesca, Walter Kaaden, segnò il vero punto di svolta nella storia di questo tipo di propulsori.

Kaaden e il suo team della marca MZ studiarono le onde sonore per perfezionare all’estremo il funzionamento dei motori a due tempi. Il segreto era “giocare” con la forma del tubo di scarico, nel quale si producevano onde sonore.

Fino dall’applicazione delle teorie dell’ingegnere comunista (il primo motore 2t fu inventato appunto da un comunista, ma questo è un argomento che tratterò più avanti), gli scarichi dei motori a due e a quattro tempi erano simili e rispondevano più a problemi di logica ed esperienza che a ragionamenti scientifici.

Kaaden mise a punto un tubo che, dopo il primo tratto di uscita dei gas di scarico, si univa a un cono che da piccolo diventava grande, con il quale generava delle onde di depressione. Queste ultime contribuivano in modo determinante all’evacuazione dei gas dal cilindro e facilitavano l’immissione di nuova miscela nella camera di combustione.

Il tubo era completato con un tratto di sezione larga e costante che rendeva stabili le onde, dopo il quale c’era un altro cono, di sezione da grande a piccola, che restringendo il condotto generava un’onda di depressione sfalsata rispetto alla prima, così da impedire che la miscela fresca uscisse dal cilindro prima che avvenisse l’esplosione.

La forma del tubo di scarico ha lo scopo di ottimizzare l’ammissione e lo scarico dei gas del motore mediante onde sonore interne. Questa tecnologia, di cui godettero le marche europee e giapponesi dopo che Ernst Degner – pilota della MZ e discepolo di Kaaden – passò alla Repubblica federale tedesca, permise di incrementare notevolmente il rendimento dei motori a due tempi, che persero i loro vantaggi economici ma diventarono esempi di potenza e leggerezza.

Il vantaggio del motore a due tempi sta nella struttura semplice e più economica perché ha l’ammissione diretta della miscela e lo scarico dei gas senza valvole né alberi a camme o catene di distribuzione.
La sua filosofia di funzionamento è puramente fisica, non meccanica: la miscela fresca entra da una luce (un condotto interno che si affaccia sulle pareti del cilindro) all’abbassarsi del pistone, che poi la porta nel carter (in alcuni casi la miscela entra direttamente da qui), dove l’olio che la miscela porta con sé ingrassa l’albero motore; la pressione che si crea nel carter la porta a uscire da una luce che si trova sopra il pistone; questo la comprime fino a che la candela non si accende e determina l’esplosione e la combustione della miscela.

I gas di scarico seguono un cammino simile, ma raggiungono il tubo di scarico direttamente da una loro luce. Perciò, e soprattutto per la perforazione delle luci di ammissione e scarico nel cilindro, i motori a due tempi sono detti “dai cilindri bucati”.

 

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