Progetto prevenzione Ting'Alive
La percezione del rischio alla guida
Scritto da Cippo4u - Pubblicato 12/10/2007 14:32
Ogni cosa che facciamo, porta con sé un bagaglio di incognite che costituiscono una dose di rischio, e questo è un concetto che può essere difficilmente espresso in modo univoco...

Per alcuni rappresenta la possibilità di un evento negativo, mentre per altri si riduce in una formula matematica, data dalla proporzione di evento e probabilità.
Ma accantonati i ragionamenti strettamente logici della percezione del rischio, possiamo dire che questo stato mentale è tipico in ognuno di noi; si esterna nel cercare situazioni di rischio grazie a cui si prova a dimostrare il nostro coraggio o, nel più dei casi, in una paradossale ricerca nel vincere le nostre paure.

Il rischio, e la sua relativa percezione, procura una forte emozione che crea una situazione psicologica di benessere, tanto vicino a noi da sembrare quasi far parte della nostra esistenza.
Ma occorre fare una puntualizzazione: il modo in cui lo percepiamo, e di conseguenza valutiamo è variabile, ovvero influenzato da varie situazioni, emotive e di circostanza

Un esempio lampante è la differenza di percezione tra pilota e passeggero: se in una manovra di sorpasso o l'ingresso in curva, il pilota sarà sicuramente più pronto ad accettare i rischi, il passeggero, che è meno coinvolto nella guida, sia fisicamente che mentalmente, avrà una stima diversa della situazione, e sicuramente una percezione del pericolo più accentuata.

Una precisazione a questo punto è però doverosa.
Non c'è un unico attore in gioco nella questione, quindi ad affiancare la capacità più o meno marcata di controllare la situazione, c'è una caratteristica fondamentale del comportamento di ognuno di noi: il carattere.
Non tutti reagiscono allo stesso modo: c'è infatti chi preferisce fuggire dal pericoli, e chi invece cerca di andargli incontro.

E ad aggiungersi alla triade, sopraggiunge il fattore età. Col passare degli anni, infatti, la spinta e l'esigenza nel compiere alcune azioni rischiose tende diminuire, anche se ciò resta un fattore sempre variabile, e non un valore determinabile.

A questo punto la domanda viene quasi spontanea: quali possono essere le situazioni che possono indurre facilmente ad adottare atteggiamenti di sottostima?
Possiamo individuarne diverse, e tra queste:

Un lungo periodo senza incidenti
Si comincia ad adottare un comportamento compiacente, con una graduale erosione della coscienza stessa del rischio.
Una persona da poco coinvolta in un incidente, risulterà particolarmente attenta nel periodo successivo, visto che il ricordo negativo dell'evento, è rimasto impresso fortemente nella nostra mente, tanto da frenare e controllare la spinta a rischiare. Ma anche qui, col passare del tempo, l'attenzione diminuisce nuovamente, e il rischio di cadere di nuovo nell'errore di sottovalutazione comincia a riaffacciarsi.

La voglia di superare i propri limiti
Spesso siamo attratti dal rischio, dal voler percorrere quella curva piegando il più possibile, con l'assillo di chiudere la spalla.
Questa voglia è cosi forte da non permetterci di vedere eventuali rischi, estasiati dal momento, o galvanizzati da un'andatura molto allegra.
Ricordiamoci che su strada non possiamo permetterci di rischiare, dobbiamo essere consapevoli che ad ogni curva potenzialmente potrebbe esserci un ostacolo. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, tanto meno al nostro alter ego che ci spinge a compiere azioni troppo rischiose.

La sindrome del “seguire il leader”
Ovvero la cieca fiducia in chi ci precede. Siamo esseri umani, e lo sbaglio è insito nelle possibilità casistiche, anche nelle persone più esperte.
Se è vero che il pack leader è la persona responsabile in colonna, è pur vero che anch'esso può esser soggetto ad errori di valutazione. Ne consegue che, chi è dietro, abbassando la sua dose di reattività e valutazione tecnica cercando di seguire traiettorie e variazioni da parte di colui che ci è davanti, può incontrare il problema con molta facilità.

La padronanza del mezzo
Sembra paradossale, ma più si ha maggiore confidenza con il proprio mezzo, e più si abbassa la soglia di attenzione. Tutti noi ricordiamo i primi tempi, quando percorrevamo quelle curve con paura e a velocità ridotta, col timore di piegarsi e sporgersi quel tantino che bastava.
Poi, acquisita la praticità e la confidenza nel mezzo, abbiamo cominciato a chiedergli (e chiederci) sempre più.
Ma l'importante è capire il proprio limite e quello del mezzo, e quindi evitare di oltrepassare quella soglia di sicurezza, che porterebbe inevitabilmente a situazioni spiacevoli.

In conclusione, deduciamo che il rischio è sì parte integrante della nostra vita, ma ciò non toglie che nostro obiettivo è quello di imparare a riconoscerlo, valutarlo e controllarlo. Questo per la nostra sicurezza, e di chi ci sta attorno.

Ogni volta che saliamo in moto, dobbiamo pensare che fuori i rischi sono reali e presenti. Non dobbiamo viverli con l'ansia, perché altrimenti non potremmo godere delle meravigliose emozioni che la moto riesce a regalarci, ma comprenderli e adattarli alle diverse situazioni.


Cippo4u

[il presente articolo fa parte del progetto Ting'Alive]
 

Commenti degli Utenti (totali: 21)
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Commento di: pier74 il 12-10-2007 15:06
mamma mia cippo...
avevo visto le tue foto al tinga raduno non ti facevo così saggio...


Hai Copiato??
Commento di: Cippo4u il 12-10-2007 15:21
Nella vita ci deve essere sempre lo spazio per scherzare che per occuparsi di questioni serie, non credi? ;)
Commento di: pier74 il 13-10-2007 19:02
quoto quoto quoto..
andare in moto è un divertimento e per me il divertimento è una cosa molto seria...

Commento di: SiGMa83 il 12-10-2007 15:45
Credo che questa sia una questione d'estrema serietà... complimenti! ;-)
Commento di: TonioSan il 12-10-2007 21:20
Non è facile capire cos'è che fa abbassare la guardia...spesso forse non ce ne accorgiamo nemmeno, spesso è dovuto al poco cervello...
Commento di: CRIMINAL il 13-10-2007 11:22
..bell'articolo, complimenti! avrei scritto le stesse cose.
Commento di: ice1300cc il 13-10-2007 19:34
"Non dobbiamo viverli con l'ansia, perché altrimenti non potremmo godere delle meravigliose emozioni che la moto riesce a regalarci, ma comprenderli e adattarli alle diverse situazioni."

E qui, mi pare, il discorso si riapre da capo.

Sul capitolo "La padronanza del mezzo", non sono affatto d'accordo. Secondo me, cala la concentrazione sul mezzo poiché non occorre razionalizzare ogni manovra (frenata, cambio, accelerata, piega...): sono diventate automatiche con la conoscenza della propria moto. Tutta l'attenzione, così, può essere convogliata sulla strada, il traffico, e tutto ciò che è al di là della moto. Da quanto scrivi, pare quasi che guidare con la paura (per poca confidenza del mezzo) sia una ragione di sicurezza. In realtà, l'esperienza dimostra che è il contrario. Guidare con paure e insicurezze significa essere un pericolo per sé e per gli altri (lunghi tempi di reazione, manovre sbagliate, mancanza di controllo, attenzione suddivisa tra moto e strada).

Per il resto del "discorso"... un plauso sincero.
Commento di: Cippo4u il 13-10-2007 21:42
Non è nella questione il fattore meccanico, bensì l'approccio sensoriale al mezzo stesso e all'esperienza di guida.
Mi spiego con un esempio: prendiamo una curva a noi conosciutissima.
Le prime volte si andrà lenti, con paura e rispetto.
Col passare delle volte, sicuri di noi stessi e del nostro mezzo, scenderemo sempre di più.
Vuoi che in ognuno di noi è presente e latente una voglia di migliorarsi, ma "paradossalmente" potrebbe questa invece dimostrarsi pericolosa, non permettendoci di percepire la reale soglia di rischio?

La chiave di interpretazione della porzione dell'articolo a cui ti riferisci, non va intesa in quel modo. La maggiore esperienza si coniuga con una minore percezione del rischio.
Quindi non è un elogio alla paura, ma la presa in coscienza che è questa, in alcuni casi, che permette di porre un freno alle nostre azioni.
Commento di: Faustone il 14-10-2007 21:49
La frase "Non dobbiamo [devo] dimostrare niente a nessuno" mi capita di recitarla, quando sono solo.....
Bellissima analisi, grazie.

Faustone.
Commento di: Gab70 il 15-10-2007 14:11
Il passare del tempo, i kilometri macinati, ma anche l'età, stanno modificando il mio modo di vivere la moto. Pur rimanendo l'unico mio mezzo di trasporto, la percezione di un maggior pericolo, di nuovi ostacoli, di un traffico saturo di mezzi, di strade spesso dissestate o rotonde viscide, tutto ciò e altro mi stanno facendo diventare sempre più prudente. O pauroso...


Ma secondo voi, 10/15 anni fa era la stessa cosa? O i rischi erano uguali?
...cavolo...sto parlando come mio padre...
Commento di: Aki58 il 15-10-2007 23:36
Caro Cippo 4u, ho letto con attenzione il Tuo articolo e penso che, benchè sia interessante ed affascinante, hai trattato l'argomento in maniera un poco filosofica.
La ricerca di quale spinta emotiva ci porta a correre dei rischi può essere utile per conoscere se stessi ma non ci aiuta, più di tanto, a prevenirli; inoltre vi sono aspetti più quotidiani che andrebbero, a mio avviso, inseriti.
Per esempio, è possibile che una persona affronti maggiori rischi solo per una ragione di urgenza nel giungere ad un determinato posto, così com'è possibile che problemi, che assillano la mente, possano ridurre l'attenzione alla guida, per non parlare poi delle distrazioni che, può capitare, Ti vengono per una telefonata o per una cosa vista lungo la strada.
A questo punto, premesso che la guida è una cosa serie, credo che, per dare un contributo alla ricerca di un migliore stile di guida, vada evidenziata la necessità di:
1) tenere sempre il proprio mezzo in perfetta efficienza (e questo i motociclisti, più degli automobilisti, di solito lo fanno);
2) avere una perfetta conoscenza delle condizioni di viaggio di tutti gli altri mezzi che viaggiano per strada, onde evitare manovre che, per noi assolutamente normali, siano assolutamente impossibili per gli altri veicoli. Per fare un esempio, basti pensare al peso delle nostrre belle moto e ricordare che esse si fermano in spazi assolutamente impossibili per un'autovettura, figuriamoci per un mezzo di trasporto.
3) Osservare sempre, con molta attenzione anche i più piccoli indizzi che la strada, gli odori ed altro ci trasmettono. Basti pensare che, in presenza di forte vento, viaggiando in strade alberate, c'è la possibilità di trovare, all'uscita di una curva, un piccolo rmoscello spezzato: un'auto ci passa sopra e (forse) basta, per noi sarebbe diverso.
Ovviamente non voglio togliere merito al Tuo articolo nè dilungarmi oltre, anche perchè, con i miei 37 anni di motocicletta alle spalle, non ho perso ancora la voglia di smanettare (come si diceva alla mia epoca - si dice ancora così?)
Saluti
Commento di: Cippo4u il 16-10-2007 10:42
Grazie per l'intervento.
Ma volevo sottolineare, che lo scopo dell'articolo non è offrire degli spunti pratici sul comportamento tecnico di guida, bensì un'analisi psicologica dei multifattori che intervengono durante la guida.
E ovvio che poi ogni argomento si può agganciare a molti fattori, potenzialmente interessanti al fine di completamento, ma visto la forma e struttura degli articoli destinati in questi spazi, ho ritenuto opportuno focalizzare l'attenzione su alcuni aspetti piuttosto che allungare l'argomento che, comunque, potrà avere successivi traini a seguire, magari con gli utilissimi spunti e note che emergono dai commenti.
Commento di: luposolitario il 17-10-2007 17:42
quoto,quoto,quoto!

Abito a Milano dove la maggior parte dei mezzi a due ruote sono scooter e tutti i giorni andando al lavoro vedo PURTROPPO a terra qualcuno di questi.
Bravi, certamente a aprire la manetta, a darsi spallate alle rotonde "ho visto anche questo", a superarti al semaforo con un 50cc mentre aspetti il verde, a imprecare contro tutti e cosi' facendo venir meno il rispetto per noi motociclisti.
Ne sanno fare di cose, sono davvero in gamba, peccato pero' che sono meno bravi a fermarsi.
Scusate capisco di essere fuori tema ma........
Commento di: ManuXp il 18-10-2007 00:09
Quoto vivamente...grande articolo, anche se in un paio di passi mi sono ritrovato :-P ti terrò a mente quando salgo in moto!!!

Grazie della tua saggezza ;)
Commento di: ice1300cc il 18-10-2007 19:36
Mettetevi d'accordo, però. Tu dici:

"La sindrome del “seguire il leader”
Ovvero la cieca fiducia in chi ci precede. Siamo esseri umani, e lo sbaglio è insito nelle possibilità casistiche, anche nelle persone più esperte.
Se è vero che il pack leader è la persona responsabile in colonna, è pur vero che anch'esso può esser soggetto ad errori di valutazione. Ne consegue che, chi è dietro, abbassando la sua dose di reattività e valutazione tecnica cercando di seguire traiettorie e variazioni da parte di colui che ci è davanti, può incontrare il problema con molta facilità."

Mentre ONDADUT scrive:
"Consiglio sempre (mi ripeto) dopo qualche giornata di prove di seguire un amico per capire come si piega e come si impostano le traiettorie.
Da dietro si ha molta più sicurezza e lo trovo un metodo ottimo per vincere le paure." (Vincere la paura dei primi km).

Curioso, eh? ;-)
Commento di: Cippo4u il 19-10-2007 08:14
Non c'è nulla per cui mettersi d'accordo, o di particolarmente curioso a mio avviso.
Stiamo parlando di una situazione bifronte, per certi versi antitetiche, ma che alla fine rappresentano le due facce di una stessa identica medaglia, dove una non esclude l'altra.
Ma per soddisfare la tua personale curiosità, ti spiegherò meglio il concetto anche se, a mio avviso, era già ricognizzabile nell'articolo stesso.
Se è vero che colui che è davanti a noi può insegnarci molto, sia a livello comportamentale su strada che strettamente tecnico, in pratica affidiamo a lui la nostra fiducia nell'interpretazione della guida, vedi traiettorie, tempi di staccata, velocità di percorrenza, sorpassi e quant'altro.
Questo ovviamente, fa diminuire la nostra percezione del rischio, in quanto la maggiortapte delle operazioni di valutazione le demandiamo a questi.
Ma anche lui potrebbe essere soggetto a errori di valutazione, i quali potrebbero coinvolgere anche noi.
Per essere ancora più sintetico e pratico: a qualcuno di noi sarà capitato di avere davanti una persona, magari considerata esperta, che su una curva sbaglia i tempi e esce un pò lungo. A me è capitato, e seguendo la sua traiettoria ho sbagliato anche io, uscendo abbastanza dritto da una curva...
Commento di: ice1300cc il 19-10-2007 18:40
Tutto chiarissimo.... ma la domanda era un'altra.

Seguire o non seguire?
Commento di: Cippo4u il 19-10-2007 21:45
Seguirlo ma restando consapevoli di ogni possibile evenienza.
Commento di: JAJA il 22-10-2007 14:24
Sagge parole...
Commento di: fry56k7 il 27-10-2007 14:45
ma quando si prende la patente A1 - A2- A3
LE DICONO QUESTE COS??????!!!!!!!!!!!!!
MIO FIGLIO A 16 ANNI E UN GIORNO
PORTAVA L' APRILIA TUONO 125
CON IL FOGLIO ROSA PER STRADA
IO ERO DIETRO CON LA MIA MOTO
CHE MI SGOLAVO, MA ALLA SCUOLA GUIDA
NON GLI ANNO DETTO NIENTE DI QUELLO CHE GLI DICEVO IO!!!!!!!!
E PER GLI ALTRI?????
MINE VAGANTI COMPRESO MIO FIGLIO
A 21 ANNI E UN GIORNO PUOI SALIRE ANCHE SU UN MILLE POI FAI I QUIZ E POI L'OTTO E I BIRILLI
A POSTO. HAI LA PATENTE MA NON SAI PORTARE LA MOTO SU STRADA
Commento di: fry56k7 il 27-10-2007 14:51
DESIDERAVO INVIARE IL MIO MOTTO:
E' IL FANTINO CHE PORTA IL CAVALLO O IL CAVALLO CHE PORTA IL FANTINO????!!!
CIAO A TUTTI