La Community Ting'Avert
SS 125 (Storia di un altrove)
Scritto da LucianBelmau - Pubblicato 03/09/2012 17:40
Pensavo sarebbe stato il maestrale a svegliarmi....

Mi ero coricato nella speranza che gli ululati del vento sulla baia mi costringessero a spalancare gli occhi nel cuore della notte. A preparare qualcosa di simile a una valigia.

In realtà, nemmeno la forza della burocrazia era riuscita a tenermi sveglio. Le inderogabili scadenze venute dall'alto come la pioggia, senza se e senza ma. La necessità di cancellare un'idea, un sogno, diventata poi un compromesso. Fra me e il mondo di fuori. Il mondo dall'altra parte del mare.

Nulla. Ero caduto come un sasso, addormentato guardando un film, e il maestrale, nemmeno lui era stato fedele, ma aveva taciuto tutta la notte. Fu la luce del sole, un sole intenso, a scuotermi.
Partenza. Un'idea di partenza. Un'idea di viaggio, una proibizione violata. Nessuna sveglia: le regole, in fondo, le stavo già infrangendo. Mentire, quest'arte antica, non è una cosa che giustifico. Non lo ritengo corretto. Lo faccio e basta, è un modo per riprendermi me stesso. Un modo per non dare spiegazioni che non verrebbero capite.

L'esigenza di una verità ad ogni costo è qualcosa che abbiamo sviluppato per sopravvivenza; ma per sopravvivenza io avevo bisogno di eliminarla, di essere altrove. Di partire e non dirlo. Se lei - lei, ma come? - mi avesse scoperto, le avrei detto con candore: sì, è vero, sono fuggito. Sono andato lì dove non dovevo, da chi non dovevo essere; non con qualche intenzione precisa, per il puro gusto di andarci, senza fare piani. Se sognare, se spezzare le sbarre ogni tanto, se rischiare il caos del cervello è una colpa, allora sì, sono colpevole. Non avresti capito. E io non avrei avuto bisogno che tu capissi. Sapevo dell'errore: ho sbagliato consapevolmente, e lo rifarei mille volte.

Come si può, d'altronde, giustificare quell'altrove? Quel nome di otto lettere che ne contiene tanti altri. E contiene tanto del mio passato, in mille forme. Capivo come lei potesse odiarlo. Come potesse odiare tutto ciò che lo riguardava, esserne gelosa. Ma io non potevo cancellarlo dalla mia vita; non potevo cancellare le persone che giravano intorno a quel nome, nessuna esclusa. E non potevo spiegarlo, né a me, né a lei.
Chiusi lo zaino grigio. Niente borse, oggi, voglio solo uno zaino sulla schiena, pensai. Voglio avere tutto lo spazio per me. Non altri pesi: mi basta quello della mia anima. Grave ipsius conscientiae pondus.

- Quindi hai deciso. Partirai da lì.
- Una sola notte, mamma. Una sola notte. Ne ho bisogno.

Mia madre continuò a girare il cucchiaino nella sua tazza di caffè bollente. Mi fissò, scuotendo il capo. La ignorai.

- E a lei, a lei l'hai detto? Immagino di no.
- Lei non è qui, mamma. E' dall'altra parte. Non c'è bisogno che lo sappia.

Sarebbe stato inutile addurre altre scuse. Altre giustificazioni. Quel che facevo, lo facevo sapendo di non avere spiegazioni morali. Era un anelito, un impulso, un desiderio. Irrefrenabile. Ingiustificabile.

Il caldo iniziava a farsi strada lento fra le pieghe della mia giacca in pelle. Girai la chiave, e il quadro si illuminò, con le lancette della strumentazione ad arrivare a fondocorsa e tutte le spie accese per un attimo. Esitai prima di schiacciare il bottone d'accensione. Guardai il mio piccolo mostro, giallo, senza un nome, così esile e silenzioso in quel pallido mattino di fine agosto. Certo che io e te, gli sussurrai, siamo così diversi. Tu sei qui, in silenzio sotto questo cielo, eppure ora tirerai fuori una forza, da quei due cilindri incrociati, che io posso solo sognarmi. Potresti darmene un po', ogni tanto.

Lui non rispose. Le spie e il faro erano accesi in attesa di un mio comando. Scossi il capo, e avviai il motore, che per tutta risposta fece un primo rombo, una scintilla, e poi iniziò a sussultare inseguendo con precisione elettronica, asintoticamente, il ritmo perfetto dell'iniezione. Strinsi con forza il casco. Una volta questo gesto lo temevo: mi ricordava la mia fragilità. Poi la morte l'ho vista in faccia, e da allora non ho più paura. Non della morte, è chiaro; tutti ne abbiamo, e io ne ho molta. Ma non ho più paura della strada, del casco, del motore. Quando concedo alla mia moto di avermi sulla sua schiena, e quando lei concede a me di domarla, dobbiamo fidarci l'uno dell'altro. Non abbiamo altra scelta, se vogliamo andare avanti insieme. Dobbiamo sapere cosa possiamo fare, e quando. Dobbiamo imparare a non osare. Tranne quando ci è concesso. Ma è tutto così ineffabile, in questo mondo, che senza questa fiducia non potremmo nemmeno mettere un piede dietro l'altro.

Salii in sella. Tutto era lì dove era anche il giorno prima. Il manubrio a piega leggermente rialzata rispondeva perfettamente alle mie dita sotto i guanti. La punta del piede studiò la pedana sinistra. Guardai la strada, e la strada guardò me. Un clangore meccanico, la leva del cambio verso il basso. Diedi gas. Lei rispose. Partimmo.

Per chi non la conosce è difficile spiegare la Sardegna. E' un posto come pochi altri, anzi, come nessun altro al mondo. Quando penso alla Sardegna, penso sempre al silenzio. Paradossale per chi viene dal continente, eppure è davvero la prima cosa che mi viene in mente. Enormi spazi desolati ed eterni, rifugi del tempo in se stesso. E' uno di quei luoghi da cui non si può scappare, quando ti ha preso. Uno di quei luoghi in cui la tua anima brilla fra le onde del mare e l'eco delle montagne. E mentre salivo da Orosei a Dorgali, mi rendevo conto che ogni sua strada era un sentiero calato verso l'abisso immutabile di quelle alte rocce mute. Lunghi rettilinei in larghe praterie, e un istante dopo stretti tornanti sul fianco di una montagna. I mirti che si affacciavano sulla strada, di tanto in tanto una capra. Un luogo antico, antico ben oltre macerie e rovine. Un luogo in cui sono le forme stesse del paesaggio a prendere parola, a beffarsi del sordo fluire del tempo, come un pendolo crudele.
Un luogo in cui da se stessi non c'è riparo.

La strada si fece più stretta. Arrivai a Dorgali; fino a lì, era un territorio familiare. C'ero stato decine di volte, negli ultimi anni. Poco più avanti, lo sapevo, iniziava la discesa per Cala Gonone. Eppure, pensai, c'è qualcosa in queste strade che percorriamo spesso che ci induce a chiederci come siano fino alla fine. Come sia il loro arrivo, come sia possibile che quel sentiero continui e cambi per arrivare là dove siamo sempre giunti soltanto su rettilinei artificiali. Com'è possibile che l'ora diventi poi, che il qui diventi laggiù. Forse era questa la voce più forte in me, quella che mi chiamava su quella frusta d'asfalto che è l'Orientale Sarda.
Mi fermai al benzinaio. Riempii il serbatoio, lo richiusi. Tu vieni con me, dissi al mostro giallo, ormai siamo compagni. Lui rispose rombando, nasale, a modo suo, tutto vibrante. Dove vuoi, mi disse. Dove possiamo, risposi io.

Ci dirigemmo a sud; verso Baunei. All'uscita di Dorgali, un cartello azzurro, tra molti altri, ci sussurrava a 198 chilometri la nostra destinazione finale. Lo sorpassammo quasi ignorandolo. Centonovanttotto chilometri oltre ai trenta già trascorsi, non sono chissà quanti, ma è lo spazio che attraversano che può diventare infinito. Lungo il fianco destro dei monti barbaricini capii come una strada può diventare se stessa infinite volte. Oscillavo a destra, a sinistra, rallentavo, scalavo e poi riaprivo il gas; in due, io e il mostro danzavamo verso le nostre stesse domande, fin quando non fu la strada la risposta stessa. A volte mi riusciva di pennellare quasi alla perfezione una curva, e dal punto di corda un gorgogliare meccanico accompagnava con gioia l'uscita; altre volte, errori di calcolo, distrazioni, un altrove infinito mi costringevano a mettere piede al freno dietro e correggere delicatamente la traiettoria. Il mio mostro mi aveva insegnato che ci sono molti modi di vivere una strada, e che non è possibile amarli tutti; con lui, quel che contava erano le curve e l'asfalto, e l'immensità brulla al di là del guardrail. Non aveva fretta il mio mostro, forse ne avrebbe potuta avere un po' di più, ma non l'aveva, e non l'avevo io. Era una danza, a volte più rapida a volte più lenta, senza altre pretese che comprendere lo scorrere stesso delle cose, senza parole.

Quando si parte da qualche luogo per andare altrove, si è sempre curiosi. Ma quando si parte da un posto noto, per raggiungere un altro posto che si conosce, attraverso strade che non si sono mai percorse, allora lì è come ricongiungere due parti diverse della propria anima. Dare un significato a dei luoghi e dei momenti che per ere sono rimasti separati. Scendendo da Baunei verso Tortolì, cominciai a capire cosa significavano per me sedici estati, o quasi, di Sardegna. Girasole, Arbatax, Lido di Orrì: nomi così lontani nel tempo, associati a ricordi soffusi, ora venivano rinsaldati tra loro da un laccio lungo centinaia di chilometri, chiamato SS 125. Come avrebbe potuto, mi chiesi ancora, come avrebbe mai potuto lei capire? Lei non avrebbe mai capito, e a ragione; ma io non potevo che andare laggiù, là dove il cuore mi chiamava, da quelle voci - e da un'altra lei di un altro tempo, o meglio, da un'altra lei senza nessun tempo. Senza giustificazioni, senza l'obbligo di doversi spiegare; farlo e basta, e farlo attraverso quel sentiero tortuoso che procede verso sud.

La strada si fece ora larga, ampia, prese l'aspetto di una superstrada. Mal le tolleravamo, io e il mostro giallo, non erano fatte per noi, e così, dopo una quarantina di chilometri, l'abbandonammo. A Tertenia scovammo l'antico percorso della ss 125, e lo seguimmo, passando per piccoli borghi, larghi spazi di nulla, e ancora altre case. Quando giungemmo a Muravera, capimmo che ormai la nostra meta si stava avvicinando.

Mi fermai a guardare il mare da un angolo della strada. Cosa avrei fatto quando fossi arrivato laggiù? Forse non c'era nulla di ingiusto nel mio comportamento. Forse ci sono tanti modi di amare. Si può amare qualcuno ogni giorno, e si può amare, di un amore più profondo e insondabile, qualcuno che si credeva di non amare più; qualcuno che si è perso per strada, ma che resta sempre uguale. Perché, mi chiesi, perché ci sono persone con cui ogni volta è come la prima? Con cui sembra di non essere mai stati vivi. Con cui sembra che sia tutto appena iniziato. Perché con lei, con quest'altra lei, è così?
Forse se io fossi sempre qui sarebbe diverso, mi dissi. Forse la noia e la routine si impossesserebbero anche di questi piccoli enormi segreti che trascino su questa strada d'asfalto. Forse la stanchezza coglierebbe anche quel rapporto non detto e ormai fatto solo di sguardi e sorrisi. E forse è proprio questo il meraviglioso: che sia nascosto. Che sia sussurrato. Che si nutra di momenti in cui non accade più nulla. Che non possa essere spiegato alla vita vera, quella concreta, che non capisce. Che non sia giusto.

Il mostro e io proseguimmo ancora lungo la 125, senza esitare. Alla fine, la strada ci regalò ancora un tratto di lei. Seguimmo delle enormi montagne di roccia rosa pallido fin nel cuore della terra stessa. La strada si arrampicava, e divenne meravigliosa per la nostra danza sempre più elegante e raffinata. E quando prima di una curva, di fronte a me si stagliò un'immensa scultura naturale, un gigantesco masso rosato, io rischiai di scivolare nella corsia opposta perché la sua meraviglia si era impossessata dei miei occhi, del mio cuore e delle mie braccia. Ma un millimetro dalla linea di mezzeria vale bene lo stupore sordo delle montagne, per una volta; è l'unica cosa che ci fa sentire ancora in vita.

Era ora di pranzo passata, ormai, e la strada si aprì in una vasta pianura. I cartelli davano sempre più vicina la mia meta; le automobili, prima così rade, si facevano sempre più numerose. La destinazione finale, il confine del mondo, era ormai laggiù. Carezzai dolcemente la manopola sinistra del mostro giallo. Eravamo compagni, in fondo. Proseguii dritto, superando piccoli centri, insediamenti, uscite. Incontrai uno, due, tre semafori. La strada si allargò. Il sole batteva forte sulle nostre pelli di cuoio ed acciaio. Sui nostri cuori pulsanti.

Vidi avvicinarsi il cielo. Un cartello si stagliava contro i campi chiari, e contro i palazzi bassi di periferia. Era lì, e indicava che eravamo a destinazione. Un cartello bianco, con scritta nera, immobile.

CAGLIARI

Ai confini del mare. Alla fine del mondo. In un posto senza alcuna spiegazione.
Seguii il rettilineo per un po', a una rotonda girai a destra. Mi accostai alla fermata di un autobus, il mare alla mia sinistra, così vicino, così lontano.
Sfilai il casco. Presi il cellulare.

- Sono al Poetto.





Mentre un autobus si allontanava dalla fermata, e due bambini ridevano e scherzavano pochi metri più avanti, ero sommerso dal vociare e dal riverbero del sole fra lo stagno e i fenicotteri. Tra le maree silenziose di vetture, colsi con la coda dell'occhio una macchina rossa che si avvicinava rallentando. Si fermò a pochi metri da me e dal mostro. Al di là del vetro, due occhi grandi come il mare e il cielo mi fissavano silenziosi.

- Ben arrivato.

Il suo sorriso mi fece sentire più colpevole - e più meravigliosamente vivo - di cento volte in cui avevo fatto e avrei potuto fare l'amore con lei.
 

Commenti degli Utenti (totali: 27)
Login/Crea Account



I commenti sono di proprietà dell'inserzionista. Noi non siamo responsabili per il loro contenuto.

Commenti NON Abilitati per gli utenti non registrati
Commento di: Jackringarelli il 03-09-2012 18:02
dal titolo pensavo parlassi di una sportiva 125... bellissimo articolo,scritto molto bene e pure con un bel finale!
Commento di: LucianBelmau il 03-09-2012 21:47
Grazie mille Very Happy
Commento di: Spritz87 il 03-09-2012 18:21
Grande storia di una grande passione.
Complimenti!!!

Io abito proprio in quel posto ai confini del mare e alla fine del mondo... Mr. Green
Commento di: LucianBelmau il 03-09-2012 21:39
Non sai quanto ti invidio Very Happy
Commento di: Ospite il 03-09-2012 23:41
Gran bell' articolo, scritto bene visto che sembrava di essere li' con te....la Sardegna ti entra nel cuore e nell'anima...io ero stato costretto ad andare via per lavoro ( da Cagliari ) ma sin dal mio primo giorno il progetto e' stato quello di tornare, ed ora, dopo 5 anni, ho realizzato il sogno di tornare a vivere in questa splendida terra...
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 01:25
Cavolo che invidia. Anche io un giorno sono sicuro che trascorrerò un periodo di vita giù a Cagliari... Magari solo qualche mese, magari decenni! E' davvero un posto fantastico, tutta la Sardegna lo è, è difficile da spiegare, o ci sei dentro o non ci sei... Very Happy
Commento di: IlCaliffo94 il 04-09-2012 00:48
cosa non si fa per amore! grande momento di riflessione e di poesia, grazie per averci portato in questo lungo viaggio con tè e nel tuo mondo, con le tue passioni e i tuoi sentimenti, davvero appassionante... Grazie...
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 01:26
Grazie a te Very Happy sì, ci sono delle cose che si fanno col cuore e non col cervello, e ci sono tante cose che facciamo che non sempre sono le più giuste, ma di cui poi è difficile pentirsi, perché semplicemente andavano fatte Wink
Commento di: bugsbunny il 04-09-2012 09:58
SS 125: due lettere e tre cifre che mi sono rimaste impresse nella memoria in modo indelebile. Io e la mia zavorrina l'abbiamo percorsa da Cala Gonone a Castiadas poco più di un mese fa. Quante emozioni da nord a sud sotto la luce del sole caldo, cercando la frescura all'ombra delle rocce che cadono a picco su quelle curve che sembrano disegnate apposta per le due ruote. Molto timore e rispetto, da sud a nord, con la strada illuminata dalla luna (che in quei giorni era fortunatamente piena), evitando i sassi che le capre fanno cadere sull'asfalto per raggiungere le loro amiche vacche che puoi trovarti, da un momento all'altro, dietro una curva a brucare l'erba. ASD Grazie per le emozioni che mi hai fatto rivivere, leggendo il tuo articolo! Smile
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 10:06
Grazie a te per il commento, e soprattutto il merito va gran parte a quei posti meravigliosi Smile
Commento di: SumoVFR il 04-09-2012 09:59
Bravo! bell'articolo ma soprattutto meravigliosa l'Orientale Sarda, una delle piu' belle strade d'Italia! il tratto tra Dorgali e Baunei passando offre una panoramica mozzafiato. Questa estate l'ho percorsa piu' volte con obbligo di sosta a Genna Silana e in piu' occasioni mi e' capitato di farla in totale solitudine. Ma la Sardegna e' tutta stupenda e dietro ogni costone di roccia trovi qualcosa di cui meravigliarti.
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 10:07
Io un po' per necessità un po' per scelta affronto in solitaria l'ottanta per cento delle strade, e ti dirò che in Sardegna ne vale davvero la pena, ci si mette a confronto con l'infinito di una terra antichissima. Grazie mille Very Happy
Commento di: brudox il 04-09-2012 11:30
Complimentoni!
Gran bell'articolo che mi ha fatto venire una voglia di viaggiare incredibile!
Un giorno ci torniamo insieme!
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 11:33
Grazie bello Wink Vediamo se con qualche nuovo acquisto diventa fattibile...
Commento di: SumoVFR il 04-09-2012 12:07
Conosco bene la Sardegna e in particolare la Barbagia e l' Ogliastra (mia suocera e' di Oliena e spesso andiamo li a riposarci ed a trovare i parenti). Sono strade da percorrere con calma godendosi i paesaggi che offrono e che al tempo stesso incutono un senso di soggezione per quello snodarsi repentino delle curve. La sensazione che da' la Sardegna (o meglio una parte della Sardegna, quella piu' arcaica e lontana dal turismo di massa) come dice sempre mia moglie ogni volta che ci torniamo e' quella di un posto dove il tempo si ferma o va ad un ritmo completamente diverso.
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 12:11
E' proprio così. Certo la costa smeralda non è un posto particolarmente motoattraente ma se escludi quella zona che va appunto da Santa Teresa di Gallura a Olbia per il resto in qualsiasi luogo è possibile trovare delle oasi di pace e di vuoto che non si trovano in nessun'altra zona d'Italia (anche se la Sardegna Italia non è...). Ha caratteristiche di luoghi ai confini del mondo come la Scozia o i paesi scandinavi, pur essendo in mezzo al mediterraneo :)

Chissà che non ci scappi una motovacanza l'anno prossimo Very Happy
Commento di: bailystic il 04-09-2012 11:45
Bellissimo racconto...
ancor più bello per me, mi hai dato il modo di rivivere le sensazioni e le emozioni, provate non più tardi di 20 giorni fa (mi vien da piangere Brick wall Brick wall che quella fantastica strada sa regalare.
Penso sinceramente che una volta nella vita, un motociclista, debba percorrere la SS 125. Io me la sono fatta da Olbia a Villasimius. Con dietro la donna che amo. I ricordi, in maniera molto più efficace delle foto, me la faranno riassaporare, chissà quante volte, solo con l'immaginazione.
Commento di: LucianBelmau il 04-09-2012 11:52
Ti ringrazio molto Smile I ricordi che ognuno di noi lega ai luoghi che visita sono qualcosa che nessun altro può donarci, eppure è vero che ci sono come delle "chiavi" che li fanno rivivere in noi.
Commento di: Bertran_de_Born il 06-09-2012 09:50
Bravo.
Per la scrittura scorrevole ed uno stile che condivido, e per i ricordi e le sensazioni che mi hai fatto rivivere.
Ho passato vacanze e anche lavorato per molto tempo in Sardegna: Alghero, Olbia (quante volte), S.Teodoro, il Monte Albo, Siniscola, La Caletta, Santa Lucia, Lula, Cala Gonone, la costa Est, le SS131 e soprattutto SS125, Cagliari, il Poetto,... è da molto che non ci torno, mi manca. Tanto.

Mi ha colpito paurosamente la descrizione del silenzio sardo, non cupo ma maestoso amico, che si coglie bene in quelle famose mezze stagioni che non ci sono più, in novembre o in febbraio.
Ricordi di notti a Budoni, col vento a farmi compagnia.
Ricordi dei mirti e del loro profumo fantastico sulle pendici del Monte Albo, dei panorami da lassù, dei paesaggi che ti abbracciano.
Ricordi di gente meravigliosa... e di una ragazza, riguardo alla quale ho avuto meno coraggio di te.

Avrei voglia di tuffarmi nella terra sarda, più che nel mare.
Tornerò.
Commento di: LucianBelmau il 07-09-2012 12:40
Fa sempre piacere quando qualcosa che si scrive muove i cuori altrui. E ci sono dei posti che sono scritti in noi, io credo, da sempre, e che ci appartengono senza nemmeno sapere bene perché. La Sardegna è uno di questi, lo è per me e lo è per molti altri, con tutto ciò che rappresenta, nel bene o nel male. Smile
Commento di: kokkorokko il 11-09-2012 16:22
Leggere i tuoi pensieri mi ha emozionato.

So cos'hai provato. Lo provo ancora adesso, quando mi capita di vedere la strada che porta là dove non si può più andare. Ma è proprio come dici tu, inspiegabile e incomprensibile. E imperdonabile.
A un certo punto del tuo racconto, ho creduto che, una volta a destinazione, avresti invertito la rotta, senza avvisare nè farti notare. Perchè lo scopo era comunque raggiunto.

Non credo sia coraggio, e nemmeno pazzia. La curiosità di vedere cosa succede a fare il contrario, nella speranza, recondita e mai sopita, di un imprevisto, un evento, un segnale che riveli che le cose non stavano come abbiamo creduto (mentendo a noi stessi) per troppo tempo. O che, più semplicemente, ci conceda il perdono per aver tradito.

Il vero coraggio l'hai avuto a spogliarti davanti a tutti noi del forum.
Buona strada!
Commento di: LucianBelmau il 11-09-2012 19:07
Il tradimento non è scritto, non si sa se c'è o non c'è, si sa soltanto che lui è lì dove non dovrebbe essere. E il perdono può uscire soltanto dal nostro profondo. Splendido commento, grazie Smile
Commento di: bountymic il 18-09-2012 22:27
Complimenti....dal titolo ho capito a cosa facevi riferimento. Abitando "alla fine del mondo", appena ho la possibilità mi godo quantomeno una passata sulla "campuomu" e con più tempo salgo sino a cala gonone, facendola nel senso opposto al tuo.
Ogni volta è un piacere e non si finisce mai di sentirla, conoscerla e godersela
Commento di: LucianBelmau il 23-09-2012 15:21
Una strada è così, e quella strada è una delle più belle che abbia mai visto o percorso Wink
Commento di: devargas il 21-09-2012 09:31
Evadere inseguendo un amorevole impulso di libertà. Libertà, ci sarebbe veramente tanto da dire, su questo tribolato e spesso abbandonato concetto. Antico per molti di noi, abbandonato in nome del cambiamento, delle responsabilità e delle convenzioni.

Quello che resta, della libertà, sono sporadici atti che rincorrono una gioia persa, che ci ricordano ciò che nacque con noi ed è finito. Ora, anche se essa vive nel relativo, quegli sporadici momenti sono scintille di gioia che ci concediamo. Salutari come un farmaco ci rafforzano e ci donano speranza: quella di riviverla in un domani sperabilmente vicino.

Mi è piaciuto molto quello che hai scritto, una lettura che accomuna tutti riportandoci concetti primari di vita, di aria, di spazio, di trasgressione amore e libertà.

Vorrei continuare ma non posso, non ho il tempo per farlo, oggi, non sono libero nemmeno di sognare la speranza di esserlo (padrone del mio tempo) e rispondere ad un affine. Meno male che esiste la forza: la certezza di ciò che si è.

L'appartenenza a se stessi è la logica del non cambiare, del non disperdere o cedere, parte di quella ricchezza e di quella felicità foriera di sensibili avventure in nome della libertà più vera.
Commento di: LucianBelmau il 23-09-2012 15:20
Non possiamo parlare di libertà se escludiamo una dimensione di pericolo. La società di oggi ci ha quasi privato dell'idea di pericolo, ci lascia gongolare nell'illusione di essere sempre al riparo, di essere sempre al sicuro. La moto ci restituisce la libertà perché ci restituisce - come molte altre cose, ma in un modo tutto suo - la dimensione del rischio. Sappiamo che l'asfalto è lì. E questa consapevolezza ci rimette al mondo e ci fa dimenticare tutto quel superfluo che ruota attorno alla nostra coscienza come una nube tossica. Ci rende fragili, e la fragilità ci rende vivi, ci rende umani, ci rende eterni.
Commento di: edge il 22-11-2012 00:01
Questo pezzo rafforza in me la convinzione che la scrittura sia un dono concesso a pochi, di natura. Qualcuno, come il sottoscritto, può provare a scrivere, può anche riuscirci a volte.. ma è un'altra cosa. Non parlo di stile, di prosa, del corretto uso della grammatica o dei termini. Sono cose che lascio ad altri. Parlo di emozioni. Luca, tu guardi dentro alle cose. Hai una fortuna immensa Smile