Moto
Rivestimenti al TiN eTiCN: perché si usano e a cosa servono
Scritto da NP - Pubblicato 19/12/2007 08:51
Descrizione dei trattamenti al nitruro di titanio e al carbonitruro di titanio con particolare riferimento ai vantaggi ottenuti sugli steli delle forcelle e ammortizzatori per moto

Riguardo alle supersportive di ultima generazione, spesso si sente parlare di trattamento al TiN o TiCN delle sospensioni, soprattutto per quanto concerne gli steli delle forcelle e gli ammortizzatori di sterzo.

TiN è una sigla che identifica il nitruro di titanio. Uno stelo trattato al TiN appare dorato alla vista. TiCN identifica il carbonitruro di titanio: uno stelo trattato al TiCN appare quasi nero.
I componenti meccanici delle moto non sono propriamente realizzati con questi materiali, ma solo rifiniti con rivestimenti più o meno spessi a base di questi elementi..

Prendiamo come esempio lo stelo di una forcella. Questo elemento, comune a tutti i mezzi a due ruote, è in acciaio e deve ammortizzare le asperità del terreno per rendere la guida più confortevole.
Nello svolgere questa funzione lo stelo viene sollecitato da un gran numero di fenomeni: quelli meccanici come l’attrito, il riscaldamento (dovuto all’attrito), la torsione, ecc. e quelli esterni, come la corrosione dovuta agli spruzzi d’acqua, il danneggiamento della superficie da parte delle pietruzze che si staccano dal manto stradale, la sporcizia che vi si deposita.

L’acciaio normale dello stelo, specialmente in caso di moto da pista, può rivelare i propri limiti nella guida estrema: la fisica infatti insegna che il riscaldamento dei metalli provoca una (minima) deformazione, la corrosione ne compromette la solidità, mentre i danni alla superficie vanno a scapito della scorrevolezza.

Uno stelo trattato al TiN o TiCN presenta una scorrevolezza maggiore perché tali elementi hanno un coefficiente d’attrito minimo (0,05 per il TiCN e 0,25 per il TiN), una durezza proverbiale e sono pressoché inattaccabili: i problemi di attrito, corrosione e danneggiamento delle superfici vengono così eliminati o ridotti al minimo.

Purtroppo, però, trattare l’acciaio con questi processi è costoso e complicato.
Il procedimento più usato è il P.V.D. (Physical Vapor Deposition) e le tecniche utilizzate sono tre: polverizzazione ionica (sputtering), polverizzazione catodica e impiantazione ionica (ion planting).

La prima consiste nel porre lo stelo d’acciaio di fronte al materiale con cui si desidera rivestirlo e nel chiudere entrambi in una camera sottovuoto in cui, successivamente viene introdotto il gas Argon (gas nobile) che viene ionizzato tramite una scarica elettrica. Le molecole di Argon perdono alcuni dei propri elettroni che vanno a colpire il “bersaglio”, cioè il materiale di rivestimento. Colpiti dagli elettroni che le molecole di gas hanno ceduto, gli atomi del “bersaglio” vengono espulsi e vanno a depositarsi sullo stelo. Durante questo processo, il “bersaglio” subisce usura, visto che esso stesso fornisce il materiale che si deposita sullo stelo. In questo modo si ottiene uno strato molto sottile sullo stelo, e il tempo di deposizione del rivestimento è molto lungo: infatti c’è la possibilità di stendere più strati di rivestimento.

La terza tecnica, l’impiantazione ionica, è simile, solo che si ottiene l’evaporazione del “bersaglio” tramite una scarica elettrica sul “bersaglio” stesso. Gli strati che si formano con questa tecnica mostrano un’aderenza inferiore ma una deposizione più rapida rispetto alla prima. La seconda tecnica non viene quasi utilizzata in campo motociclistico, ma serve per trattare attrezzi e apparecchiature di lavorazione per l’industria e l’artigianato di precisione.

Spero di essere stato chiaro ed esauriente!
NP.
 

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Commento di: SuperCazzola il 19-12-2007 09:56
Il riscaldamento a seguito di attrito nelle forcelle è trascurabile, sono ben altre le temperature a cui si ha una sia pur minima deformazione, nell'acciaio.

C'è un piccolo appunto da fare riguardo il processo di PVD: il forno in cui si ha il processo lavora a circa 200°C, in un'atmosfera sotto vuoto spinto, con una minima quantità di Azoto, non Argon, altrimenti come fai a ottenere un nitruro?
Le piastre di Titanio o Carburo di Titanio vengono poi attraversate da un arco elettrico ad alto voltaggio, che ne causa la vaporizzazione, a causa della temperatura combinata con la bassa pressione. Per differenza di potenziale il vapore si deposita sull'oggetto da rivestire, che può essere metallico o plastico, ad ottenere uno strato molto duro e a basso attrito.
Commento di: NP il 19-12-2007 13:57
Grazie delle precisazioni! Sai, ho fatto del mio meglio, ma non sono un ingegnere (ancora) ;-)
Commento di: SuperCazzola il 20-12-2007 12:07
Beh, è già molto che tu abbia pubblicato un articolo su una tecnologia così difficile e importante.
Io non sono ingegnere, tuttavia ho fatto una breve esperienza nel campo, che mi ha portato a conoscere e capire la tecnologia.
I suoi campi di applicazione sono vastissimi: dalle forcelle, agli utensili da tornio e fresa, agli stampi, alle visiere di caschi, ai ciondoli da gioielleria...
senza tralasciare l'impiego militare...
A questo punto non aggiungo altro, vige il segreto professionale!
Commento di: CorriFiero il 26-12-2007 12:54
Bravo davvero...io sono quasi un Filosofo.....nel senso che mi sto laureando in filosofia...ma quel poco di chimica studiata al liceo mi ha permesso di capire quest'articolo davero fatto bene....
Certo...ai comuni motociclisti per prendere 30 decimi di secondo al giro in pista dal nostro amico che ha gli steli forcella trattati....non è che non si vive piu'....pero' fa capire che le specializzazioni e rifiniture sui pezzi oggi giorno si sono evolute parecchio.....A nakano e company ste cose serviranno sicuramente.......
Commento di: AlbertoSSP il 05-09-2012 23:30
Beh, 30 decimi di secondo (cioè 3 secondi hihihi!) a giro sono tanti, anche per i comuni mortali e non solo per Nakano! :-)
Scherzi a parte... qualcuno che ha voglia di riportare i costi effettivamente sostenuti per i trattamenti al TIN o TICN delle forche??